Lo sciopero nazionale nel settore della logistica indetto per il 15 maggio unito alla manifestazione della Fiom di sabato 18 maggio a Roma rappresentano due scadenze importanti nel trito e ridotto panorama sindacale attuale.
Mesi di mobilitazione confluiscono in uno sciopero nazionale in un settore in cui la mancanza di regole contrattuali sia normative che salariali riduce il lavoro a uno stato servile e i lavoratori nella quasi totalità migranti a una dipendenza schiavistica legata al ciclo della circolazione a bassisimo costo.
In questo settore in cui anche i diritti elementari risultano un costo nonostante i profitti siano elevati la lotta per il rinnovo o l’applicazione dei vari CCNL, in molti casi parvenza/simulacri di contratto, dimostra che è possibile e necessario ripartire dal conflitto per costruire una piattaforma rivendicativa su orario, sicurezza, salario. E se la battaglia è solo all’inizio, va sostenuta, nei contenuti e nelle modalità.
Nel merito e perché la necessità di collegare/unire questi lavoratori al resto dei lavoratori risulta centrale, per la costruzione di un fronte di difesa del lavoro disperso segmentato che sta subendo con l’aumento della macelleria sociale in atto, con la drastica riduzione dei diritti e delle tutele, un arretramento senza riscontri storici di riferimento dal dopoguerra.
Così come, in un momento di evidente difficoltà della FIOM e della sua capacità di rappresentanza e di opposizione, schiacciata tra una struttura confederale da tempo assolutamente blindata nei percorsi decisionali, capace di rispondere al dissenso interno solo con provvedimenti disciplinarie e protesa nel tentativo di salvare se stessa dalla crisi, e un esecutivo di governo tutt’altro che amico, perfettamente coerente con il padronato nel continuare a far pagare la crisi a chi la sta già pagando, con il suo carico di disoccupazione, di precarietà e di distruzione dei diritti, la manifestazione del 18 maggio per dirsi riuscita dovrà dare voce ai lavoratori, ai precari, ai delegati, per ripartire dalla difesa del contratto nazionale, contro l’esigibilità dei contratti separati, per una rappresentanza che nasca dalle lotte e dalla partecipazione.
Due scadenze complementari, insomma, necessarie ma non sufficienti a rafforzare il proseguo e la ripresa dell’ attività sindacale.
Sapendo per intenderci che quella della logistica non è la madre di tutte le battaglie e che piazza San Giovanni non è piazza Tharir, e che al di la delle scadenze nazionali che il movimento sindacale nel suo complesso si dà molte e tutte meritevoli di appoggio e solidarietà sono quelle che si portano avanti azienda per azienda, territorio per territorio.
Al di là degli schieramenti e delle sigle, al di là degli interessi delle segreterie, l’unica strada percorribile è ripartire dai posti di lavoro, dalle singole lotte, da quelle sedi e realtà sindacali capaci di essere luogo dei lavoratori e delle conflittualità del territorio.
SN Federazione dei Comunisti Anarchici 12 maggio 2013