Palestina-Israele, Alternativa n°6 – Documento di Ahdut (Unità) sulla lotta palestinese

 

categorymashriq / arabia / iraq | indigenous struggles | press release authorWednesday May 21, 2014 20:21author by Ilan S. – AAtW, ainfos Ahdut (Unity) Segnalare questo messaggio alla redazione

 

Adottato il 25 Aprile 2014 dai militanti dell’organizzazione comunista-anarchica  Ahdut (Unità) attiva in Palestina/Israele

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OLTRE LE ELEZIONI

Serviranno a poco, da un punto di vista istituzionale  e di rappresentanza. Eppure queste elezioni europee saranno un test importante soprattutto  sulle scomposizioni politiche in atto, per quanto così  impregnate dal tentativo estremo di trovare ancora una volta la sicurezza economica ai candidati.  E se  questo  è uno degli aspetti vistosi di questa campagna elettorale costruita dai media abilmente, che come sempre polarizzano lo scontro mediatico su temi pretestuosi in modo da offuscarne l’essenza politica vera, di fatto come sempre ci si adopera per togliere ogni spazio alle risposte oppositrici de processo autoritario in corso.

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SCUOLA: con i precari contro il precariato e contro la disoccupazione

Sulle macerie della scuola pubblica provocate nel recente passato dai tagli di 8,5 miliardi di euro e di 150.000 posti voluti dal governo Berlusconi/Gelmini, si aggirano nuovi ministri e improbabili sottosegretari a promettere nuove risorse per un progetto culturale e formativo, le cui concrete politiche scolastiche appaiono chiaramente finalizzate alla accelerazione del processo di riconversione della scuola in una fucina di manodopera addestrata a rispondere ai bisogni di un mercato volatile che impone –grazie alla crisi- più aggressive pretese in quanto a  “selezione”, meritocrazia e finanziamenti a questa finalizzati.
Tale processo che si sta svolgendo con grave pregiudizio per la libertà d’insegnamento, per il livello di preparazione degli studenti e per il confronto democratico, necessita di una gerarchia di poteri senza alcun contrappeso che ha nei Dirigenti e in strutture extra-contrattuali i centri realmente decisionali, in barba agli organismi collegiali, ormai costretti a meri luoghi di ratificazione di decisioni prese altrove, ed in dispregio delle rappresentanze sindacali di scuola, private ormai di reali poteri di contrattazione e di controllo sull’operato della controparte in materia di organico e di gestione dei fondi contrattuali.
Il blocco della contrattazione fino al 2014, il definanziamento delle risorse per il reddito (pagamento delle anzianità con il fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa), per l’edilizia e per l’assistenza hanno profondamente prostrato i lavoratori del settore, sempre più intimiditi dall’offensiva ministeriale e dalla insufficienza di risposta sindacale.
Ora ci sono alcuni segnali di reazione: lo sciopero delle ore aggiuntive indetto nel mese di marzo, ma soprattutto le iniziative di lotta delle/gli insegnanti precari/e previste per il 21 marzo e per l’11 aprile.
Come in ogni azienda, i lavoratori e le lavoratrici precari/e garantiscono da anni, a prezzo di immensi sacrifici, la tenuta strutturale del sistema scolastico.
Su di loro incombe un futuro pieno di insidie, tra cui annoverare l’ultima cosiddetta “sperimentazione”, a Milano e a Napoli, di cicli di scuola superiore della durata di soli 4 anni, preludio a ulteriori tagli. Nella giornata del 21 marzo, i precari chiederanno in massa le ferie (a loro non concesse e non pagate) e organizzeranno, in simultanea, iniziative di protesta a livello locale.
Per l’11 aprile, poi, è stato indetto uno sciopero dei precari della Scuola Pubblica, con manifestazione nazionale.
E’ auspicabile la convergenza sulla data dell’11 aprile dei sindacati del settore e delle associazioni di categoria, per una mobilitazione generale di tutti i lavoratori della scuola, coinvolgendo anche le associazioni dei genitori e degli studenti.
Si tratta di riprendere con determinazione una battaglia unitaria per
– L’assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari della scuola, docenti e ATA, attraverso il rifinanziamento della scuola pubblica ed il ritiro dei tagli Gelmini; attraverso un sistema di reclutamento unitario e lo sblocco del turn-over; rifiutando la chiamata diretta da parte dei dirigenti, foriero di clientelismi e di  “normalizzazione” ideologica;
–   Il pagamento regolare degli stipendi, delle ferie non godute e degli scatti al personale precario e di ruolo
–   Il ritiro delle confuse direttive sui Bisogni Educativi Speciali, volte a tagliare posti di sostegno, a detrimento del diritto allo studio dei disabili e dell’integrazione degli immigrati.
–   La soppressione dei quiz INVALSI, che calpestano l’autonomia di valutazione dei docenti e costringono a rimodellare la didattica su esigenze esterne agli apprendimenti, pur di accedere a finanziamenti legati alla meritocrazia
–   Il blocco del finanziamento alla scuola privata e “paritaria”
–  Lo stanziamento di fondi per la messa in sicurezza delle scuole.
Unità.

Fano, 16 marzo 2014

86° Consiglio dei Delegati della FdCA

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SUL XVII CONGRESSO CGIL

Il 17° congresso CGIL ha subito – con la firma dellaccordo del 10 gennaio 2014, a congresso avviato una radicale modifica.

La firma posta dalla segreteria a quellaccordo, la sua ratifica da parte del CDN del 17 gennaio si possono definire un colpo di mano  (ovvio che come tutti i colpi di mano c’è un elemento di fondo: la slealtà politica) che scombina e supera  le pur diverse  posizioni congressuali di partenza.

La CGIL entra  così a pieno titolo nella dimensione sindacale che accompagna la ristrutturazione in atto del capitale assieme alle altre confederazioni che già anche in modo formale avevano tagliato questo traguardo. La trasformazione quindi da sindacato confederale – generale a sindacato aziendalista corporativo di mercato.

Il metodo utilizzato mette in evidenza e fa entrare nel congresso tre punti:                 a) la democrazia nel rapporto con i lavoratori;                                                                                                                             b)la democrazia di organizzazione e ruolo dei lavoratori nellorganizzazione;             c)la confederalità.

La lotta politica che si concentra sui contenuti dellaccordo e sulla democrazia, assume livelli di scontro elevati tra chi (FIOM e alcuni territori nonché delegati di altre categorie) resiste  a questo passaggio  – tra laltro mai discusso a nessun livello- e la segreteria confederale.

Ne risulta la fine del ruolo della rappresentanza nei luoghi di lavoro come espressione diretta dei lavoratori e quindi il loro diritto ad averla come espressione di autonomia/coalizione.

Per costruire un sindacato aziendalista il referente-controllore  degli accordi deve essere esterno: si costruisce  quindi una forma organizzata elitaria.

Questo rimanda o meglio ha punti di contatto con la modifica in atto della democrazia liberale.

Tutto questo riporta alla confederalità. La struttura organizzativa della CGIL è sì una piramide, ma molto allargata alla base: infatti combina assieme il livello territoriale, le  camere del lavoro, il livello regionale e nazionale. Ne discendono due riferimenti: i centri decisionali sono estesi anche a livello territoriale, Comitati direttivi delle categorie e i Comitati Direttivi delle camere del lavoro, questi ultimi come momento di sintesi e di discussione e quindi di generalizzazione dei contenuti approvati a livello territoriale. In tutte e tre le istanze è presente una alta percentuale di delegati. Senza quindi una partecipazione diretta della rappresentanza dai luoghi di lavoro, il tutto implode, o meglio, viene sostituito da qualcos’altro che cambia la natura dellorganizzazione CGIL.

Lo schema si ripete a livello categoriali, regionale e nazionale

IL ruolo nazionale del C.D.N. confederale risulta: di sintesi, di generalizzazione dei contenuti e di unificazione/ estensione delle lotte. Ovviamente il livello nazionale ha già assunto un ruolo sempre più decisionista e accentratore negli ultimi anni, in netto contrasto con la sua funzione: per questo si parla di crisi della confederalità, sempre negata dalle varie segreterie nazionali che si sono avvicendate negli ultimi 12 anni.

Questo ha trascinato con sé il resto, riducendo il ruolo e la funzione delle categorie stesse: nel caso FIOM tutti i tentativi di normalizzazione hanno questo scopo.

A differenza  di confederazioni di sindacati anche esteri, oltre alla CISL, ad esempio AFL-CIO, DGB, TU, ecc., la CGIL risulta una confederazione con varie istanze che non esistono se non hanno la partecipazione a livello territoriale dei lavoratori.  Loperazione in atto taglia questo punto, verticalizza e chiude, mentre -data la scomposizione della classe- occorrerebbe il contrario: aprirsi sul territorio e diventare punto di riferimento avviando un processo di riunificazione della classe.

Due elementi emergono: la necessità di assumere anche come sfida lanalisi sulla composizione di classe: lazione del capitale riplasmail corpo di classe. Ci troviamo di fronte ad una complessa articolazione difficile da ridurre a soggetto unitario, né esistono scorciatoie per farlo, siano esse le moltitudini, ideologismi identitari, gerarchie di spezzoni di classe, ecc.

E’ per non cadere in questo che parliamo di ricostruzione di una rappresentanza sociale che ci permetta di cogliere in contesti sempre variabili le lotte o meglio le pratiche delle lotte.

Il congresso CGIL in corso delinea  una risposta del gruppo dirigente alla crisi/declino del sindacato che rinuncia allautonomia dei lavoratori nel conflitto capitale lavoro. Non crediamo vi siano soluzioni sostitutive: i congressi CGIL sono complessi, per la composizione, lestensione e i numeri (iscritti) dellorganizzazione. Rimaniamo convinti che una parte della riflessione e della pratica sul futuro del sindacato esca anche da pezzi di CGIL, dove siamo presenti.

Fano, 16 marzo 2014

86° Consiglio dei Delegati della FdCA

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l miracolo del bookmaker

Il governo Renzi raccoglie le scommesse sul 27 maggio, giorno della distribuzione dei pani e dei pesci.
L’annuncio di un miracolo da 10 mld di euro si colloca in un percorso di continuità di azione governativa: non c’è nessun intervento di spostamento e redistribuzione della ricchezza e questo tranquillizza tanto la BCE quanto gli imprenditori italiani ed i detentori di patrimoni milionari. I 10 mld sono il segnale di mobilità di risorse sul mercato interno che la UE attendeva da tempo.
Se quello che accadrà alla fine di maggio sarà quanto annunciato dal capo del governo, siamo di fronte ad una lucida operazione di dirigismo e di paternalismo che usa risorse accumulate con l’effimero calo dello spread, con la spending review, con i tagli lineari precedenti, col blocco ormai quinquennale dei contratti nel Pubblico Impiego. In gran parte soldi di lavoratori e lavoratrici, estorti dai governi che hanno gestito questi anni di ristrutturazione capitalistica.
Quanto verrebbe messo in più in busta-paga per i redditi fino a 25.000 euro troverebbe la sua fonte soprattutto nei tagli già operati con la spending review: vale a dire tagli ai servizi sociali, privatizzazioni, vendita del patrimonio pubblico, mobilità massiccia nel pubblico impiego con chiusura di uffici e servizi, tagli ai trasporti, all’assistenza, alla tutela dell’ambiente.
Nulla ritornerebbe a categorie come i pensionati, gli incapienti, i disoccupati, tutto il precariato. Anzi, se le aziende riceveranno solo uno sconto del 10% sull’IRAP, potranno altresì giovarsi di assumere manodopera allungando fino a 3 anni il periodo di prova (quindi evitando l’art.18 ed allungando fino a 36 mesi l’uso della a-causalità che consente di non dichiarare perchè si assume a tempo determinato anzichè a tempo indeterminato). Si inasprisce così l’uso di lavoro precario e flessibile, contemporaneamente al tramonto della CIG in deroga ed alla non efficacia della CIG ordinaria e speciale nel caso di cessazione dell’attività.
Quasi irrilevante l’allineamento a livelli europei delle imposte sulle transazioni finanziarie. Altrettanto dicasi per il piano-casa del ministro Lupi a fronte dell’emergenza alloggi in tutto il paese per l’insufficienza di reddito familiare a coprire spese per affitti, mutui e utenze.
L’iniezione di liquidità nei salari di 10 milioni di lavoratori dipendenti, intervenendo sulla sola leva fiscale, sembra sancire una situazione di fatto da un lato e dare un netto segnale per il futuro: non sarà più la contrattazione nazionale di categoria o decentrata nei luoghi di lavoro a produrre incrementi nelle buste-paga, quanto l’azione dirigista e paternalista del governo Renzi, che può ben più della lotta sindacale e della negoziazione. A questa è lasciata ormai la definizione del welfare d’azienda tramite gli enti bilaterali. Al governo l’occuparsi del cuneo fiscale e prendersi immeritati onori per una redistribuzione fittizia del maltolto.
Se è fondata la regola economica che in tempi di bassi salari, ogni risorsa aggiuntiva nel bilancio familiare viene re-immesso nel mercato in consumi anzichè in risparmio gestito, allora si tratta di un bella manovra d’ossigeno per il sostegno alla domanda aggregata, ma senza creazione di nuovi posti di lavoro, come del resto prevede l’ultimo rapporto ILO, pur con ripresa del PIL.
Nessuna strategia di uscita dunque, ma solo una manovra di galleggiamento in un panorama in cui nessuno, neo-keynesiani o post-monetaristi, ha la benchè minima idea di come far ripartire l’economia nei paesi avanzati, come imporre uno sviluppo con occupazione, come regolamentare o intervenire sul corso degli eventi, se e come  introdurre degli elementi di svolta nel funzionamento del sistema
Ora è la volta del renzismo, passerà pure l’attivismo a sinistra per liste europee anti-UE, città e regioni avranno nuove amministrazioni magari di centro-sinistra, ma resta l’esigenza e l’urgenza di un movimento che sappia federare e mettere insieme in maniera non episodica tutta la capacità di lotta possibile. E dove se ne vede qualche traccia, i comunisti-anarchici ne sono protagonisti e sostenitori.
Perciò solo un conflitto sociale diffuso e reticolare, sistematico e costante, in grado di esprimere crescente radicalità dal basso,  indirizzata verso la riappropriazione e l’autogestione di risorse comuni, patrimoniali e ambientali, culturali ed economiche, può proporsi come elemento esogeno di rottura democratica e libertaria di netto segno anticapitalista, nei territori e nel paese.

 

CdD FdCA Marzo 2014

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TRA L’INCUDINE RUSSA E IL MARTELLO OCCIDENTALE

La crisi in Ucraina assomiglia troppo a quella che negli anni novanta devastò la Jugoslavia.

In Jugoslavia l’ultimo atto della guerra venne rappresentato dall’”operazione tempesta” nella Krajina croata e vide l’espulsione in massa della popolazione serba che abitava quelle regioni da secoli.

Analogia nel nome, questione etimologica si, ma che cela la sostanza delle vicende comuni ad una zona appunto di frontiera, Ucraina come Krajina hanno lo stesso significato, terra di confine, frontiera.

Da sempre terre e popoli facili preda di nazionalismi e di una etnicizzazione dirompente nei rapporti sociali, paradosso di una storia che in Europa come negli Usa si vorrebbe passata.

La visuale eurocentrica non aiuta a comprendere quanto accade e quanto è accaduto in passato nelle terre di confine. Qualche nostalgico neofascista ha voluto farci credere che l’abbattimento delle statue di Lenin o in Croazia di Tito aprissero al mondo strade nuove e felici ai popoli coinvolti, ma così non è stato, mai. Continua a leggere

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Venezuela al bivio

 categoryvenezuela / colombia | the left | opinion / analysisauthorMonday March 03, 2014 05:21author by José Antonio Gutiérrez D.Segnalare questo messaggio alla redazione

 Articolo originariamente scritto in spagnolo per l’ultimo numero del giornale anarchico cileno Solidaridad-

I fatti recenti che hanno scosso il Venezuela dimostrano non sono il livello di interferenza degli USA nella regione o la pervasiva tendenza a minacciare colpi di stato all’interno della elite venezuelana la quale ben conosce il manuale cileno per una stratega dei colpi di stato. Si evince soprattutto come ci siano tensioni latenti all’interno del modello venezuelano, il quale dovrebbe iniziare a funzionare dal basso, tramite la lotta. Oggi più che mai ai rivoluzionari sono necessari gli strumenti della critica, piuttosto che l’attitudine alla passiva approvazione di qualsiasi cosa decida di fare la dirigenza bolivariana.

 muralchavez.jpgmercante!cid_part5_04040800_07010100@fdca Continua a leggere

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Palestina-Israele: il crollo imminente del sionismo bellico spinge le classi dominanti ad una disperata accelerazione

mashriq / arabia / iraq | community struggles | news report Tuesday March 04, 2014 02:11 by Ilan S. – AAtW, ainfos Ahdut (Unity) ilan.shalif at gmail dot com Tel Aviv 

 

L’accelerazione della campagna B.D.S. (Boycott Disinvest Sanctions ndt) e la pressione internazionale stanno causando un certo panico all’interno dell’elite più ideologicamente sionista. La loro reazione è un’accelerazione della repressione verso i Palestinesi e degli sforzi per trasferirli da quelle aree chiave da sogno duro a morire per tenerle per sempre. Le forze di stato israeliane sostengono i coloni irregolari e danno inizio a molte azioni in proprio. Sono più feroci che mai i maltrattamenti verso le popolazioni dei villaggi di Ni’ilin, Nabi Saleh e Qaddum che non sono sotto l’attenzione dei media internazionali. Bil’in, che si era guadagnata fama internazionale ed attenzione dei media, gode di una parziale immunità. Gli slogan dei manifestanti hanno espresso la vera opinione sulla pseudo-soluzione dei 2 stati: “libera libera Palestina dal fiume al mare”. Le “bandiere rosse&nere No allo Stato” portate a Bil’in dai militanti comunisti-anarchici di Ahdut sono state accettare senza alcuna riserva.

 Settimana israeliana dell’apartheid 2014 Trailer https://www.youtube.com/watch?v=s0KONy

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La storia degli anarchici coreani e della rivoluzione anarchica in Manciuria, 1929-1931

categoryeastern asia | history of anarchism | opinion / analysisauthorSunday February 23, 2014 14:36author by Tokologo African Anarchist Collective – TAACauthor emailtokologo.aac at gmail dot comSegnalare questo messaggio alla redazione

Il movimento anarchico coreano voleva costruire una società anarchica indipendente ed autogovernata, un sistema cooperativo delle masse del popolo coreano. Volevano prendersi il progresso civile portato dalla classe capitalista per restituirlo alle classi popolari. In questo modo, la società capitalista e coloniale che esisteva allora in Corea (come in altri posti dell’Africa, dell’Asia e dell’Europa) sarebbe stata sostituita con una nuova società. Questa nuova società si sarebbe fondata sui principi di libertà ed uguaglianza che garantiscono l’autogoverno indipendente delle classi produttrici: la classe operaia e contadina.

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