ORA E’ TEMPO DI UNIRSI INTORNO AL COMPAGNO EMILIO ED AI SUOI CARI

 Chi pensava di liquidare la manifestazione di sabato 24 gennaio come una prova di forza di pochi residuati antagonisti, non ha colto la portata di questo evento. Una manifestazione antifascista che ha richiamato migliaia di compagni, cosa mai vista prima a Cremona, per portare solidarietà al compagno Emilio e per ribadire con forza che le sedi fasciste vanno chiuse.

 Da tempo ormai denunciamo nei nostri comunicati le  grosse responsabilità delle autorità cittadine che con troppa disinvoltura concedono spazi a organizzazioni dichiaratamente fasciste, una questura accondiscendente che si lascia sfuggire gli aggressori per denunciare poi gli aggrediti.

 L’aumento di gravi atti di aggressione e intimidazione a danno di militanti di sinistra oltre ad una aumentata presenza fascista in Italia e in Europa, merita una risposta politica adeguata, creando alleanze e i giusti rapporti di forza per chiudere l’agibilità politica a questi delinquenti.

 La tradizione anarchica è per l’unità antinazifascista di massa ( non dimentichiamoci il Fronte Unico Antifascista proposto a suo tempo da Errico Malatesta, di tutte le forze antifasciste), coinvolgendo quante più ampie realtà politiche e sociali.

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Di nuovo vile aggressione fascista a Cremona

Alternativa Libertaria/FdCA  cremonese esprime tutta la propria solidarietà ai compagni del Centro Sociale Dordoni  per l’ennesima aggressione subita, da Casa Pound, e al compagno Emilio vittima del brutale pestaggio, che versa ancora in gravissime condizioni in ospedale.
 Sempre più spesso siamo a portare solidarietà ai compagni che subiscono intimidazioni e aggressioni da parte di questa organizzazione che si richiama chiaramente all’ideologia fascista.
 Aver dato la possibilità di aprire una loro sede a Cremona è stato un errore e chi ha permesso questo, pensando così di essere democratico, ne tiene la responsabilità.
Casa Pound, che abbiamo visto sfilare con la Lega di Salvini a Milano, non è nuova a fatti del genere, non solo a Cremona ma in molte città italiane dove con troppa faciloneria si concedono spazi a organizzazioni politiche e movimenti neofascisti che fanno della violenza il loro agire.
 Tutto questo non è più tollerabile, chiuderemo i covi fascisti in ogni modo. Questo sarebbe compito delle istituzioni repubblicane nate dalla resistenza, ma a quanto pare non abbiamo nessuna garanzia.
 Demenziali alcuni comunicati dei politici locali, vedi PD, incapaci di esprimere concetti di solidarietà antifascista, mentre invece ringraziano le forze dell’ordine del loro operato, quelli che fanno scappare gli aggressori. Ridicoli.
 
 Solidarietà militante ai compagni del Csa Dordoni e al compagno Emilio
 Chiudere la sede di Casa Pound a Cremona e in tutte le altre città
 Alternativa Libertaria / FdCA 
Fed. cremonese
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Anche noi siamo Charlie, no al fascismo islamico ed a chi lo finanzia, no a chi costruisce un futuro di odio

Anche noi siamo Charlie, ma a modo nostro.

Difendiamo come anarchici e libertari il diritto alla satira ed all’irriverenza di qualsiasi presupposta verità religiosa, rivendichiamo il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa od il proprio ateismo in pieno giorno e senza paure, rifiutiamo di ammantarci di un relativismo scadente che serve solamente a celare il colonialismo e la  pretesa superiorità europea della cultura e soprattutto delle armi, lottiamo in tutto il mondo per affermare dignità e diritti delle classi oppresse, al di là dell’appartenenza etnica e religiosa.

Siamo Charlie e non accettiamo che in nome della libertà le religioni riprendano il loro ruolo mortifero nella società. Non potremo mai allearci con fascisti ed imperialisti, con razzisti e mestatori di coscienze. Noi abbiamo il coraggio di affermare che i diritti siano universali, di tutti e per tutti, e nella nostra lotta anticapitalista  non saremo mai al fianco di fascisti e nazionalisti di ogni risma, islamici od ebrei, cattolici od ortodossi. Troppe sono le crepe prodotte dall’imperialismo del capitale per l’egemonia per farci trascinare da una parte o dall’altra. Il nostro compito, come sempre, è quello di stare dalla nostra parte e di combattere per la nostra classe di appartenenza, che non ha religione nè nazione.

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Le elezioni in Grecia fanno paura all’Unione Europea?

Le elezioni ed i parlamenti come è noto non sono -per il loro carattere interclassista- strumenti in grado di rappresentare gli interessi della classe lavoratrice e degli sfruttati. E se mai si dovesse paventare che l’esito delle urne possa spostare un po’ gli equilibri politici a sfavore degli interessi capitalistici internazionali o di quel singolo Stato, può persino accadere che le elezioni diventino un pericoloso momento di partecipazione e di democrazia da scongiurare.

E’ ciò che sembra stia accadendo per la scadenza elettorale in Grecia. Nella vicenda elettorale greca, infatti, con la possibilità che Syriza, formazione eterogenea della sinistra greca guidata da Alexis Tsipras, possa vincere le elezioni per il parlamento di Atene, stanno emergendo e si rendono trasparenti i fattori del dominio capitalistico. Il 25 gennaio, data delle elezioni politiche in Grecia, potrebbe assumere un’importanza emblematica per i popoli europei sottoposti alla dittatura del mercato finanziario.

Non è una scoperta recente che il grande capitale sia l’artefice della formazione dei gruppi dirigenti in tutti i paesi di Europa, tuttavia stavolta la piccola forza della sinistra greca sembra aver colpito nel segno con il suo apparentemente pur minimo programma elettorale. Chiedere di rinegoziare il debito all’interno delle rigidità finanziarie della UE assume una radicale prospettiva storica, quella di fermare il saccheggio delle società del debito da parte del grande capitale. Sono proposte che aprono contraddizioni nei fattori di dominio del capitale stesso.

Ricontrattare il debito pubblico significa, infatti, rendere palese la grande manovra internazionale della ristrutturazione dei debiti privati, gestiti dal sistema finanziario e industriale e riversati abilmente dalla cricca al potere sui deficit pubblici, impossibili da ridimensionare e per questo strozzati dai calcoli contabili della finanza mondiale.

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Charlie Hebdo, la tristezza e la collera

Il massacro perpetrato stamattina nei locali di Charlie Hebdo, è un atto ignobile da condannare senza riserve.

franciaSiamo sotto choc e il nostro pensiero va in primo luogo ai parenti delle vittime.

Se questo massacro si confermerà essere opera di clerico-fascisti, occorrerà per l’ennesima volta denunciare le illusioni mortifere dei fanatici che sognano di assoggettare la società alla religione. Noi continueremo a lottare contro tutti i fascismi che indossino le vesti della religione musulmana, di quella ebraica, di quella cristiana o quella che sia. Ma al tempo stesso siamo pronti a condannare sin da ora ogni atto di violenza islamofobica che dovesse essere commesso a titolo di “rappresaglia”.

La tristezza e la collera sono ancora più forti perchè sappiamo chi approfitterà di questo crimine. Questo esecrabile evento va ad appesantire il clima razzista che già avvelena la società francese, porta acqua al mulino dei reazionari siano essi dei politici o degli intellettuali, i quali già dissertano senza sosta sul presunto “scontro di civiltà” e vomitano quotidianamente il loro odio per i musulmani e per gli stranieri.

Alternative Libertaire è da sempre impegnata nella lotta contro tutte le forze reazionarie. Ma questa lotta non può essere portata avanti in un contesto di “unità nazionale” fittizia, con dei responsabili politici i quali, a destra come a sinistra, hanno attizzato l’odio e sono in parte responsabili del caos attuale:
– perchè hanno armato e sostenuto lo sviluppo di forze militari islamiche per diversi interessi geostrategici a partire dagli anni ’80;
– perchè hanno messo in atto o sostenuto interventi militari disastrosi in Africa ed in Medio Oriente per ragioni imperialistiche;
– perchè chiudono le frontiere agli uomini ed alle donne che cercano di scappare dall’inferno attraversando il Mediterraneo;
– perchè rafforzano la stigmatizzazione dei lavoratori immigrati e dei loro figli, in particolare se di supposta origine musulmana;
– perchè approfittando del legittimo sconcerto nella popolazione, inaspriranno le leggi liberticide con la scusa dell’antiterrorismo.

Alternative Libertaire, 7 gennaio 2015
(traduzione a cura di Alternativa Libertaria/Fdca – Ufficio Relazioni Internazionali)

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Solidarietà ai compagni Aro e Vivi

 Alternativa Libertaria/FdCA, esprime tutta la propria solidarietà ai compagni cremonesi arrestati a Formigine ( MO ),  Aro e Vivi, vittime della aggressione poliziesca mentre si opponevano ad una iniziativa di Forza Nuova.

 Ancora una volta siamo a portare solidarietà a compagni che vengono arrestati mentre esercitano il loro dovere di antifascisti e, questo è ancora più drammatico in una repubblica che è nata proprio dalla lotta di resistenza contro il nazi-fascismo.

 Ciò che fa riflettere, in questa fase dello scontro di classe, è il livello di repressione che si è elevato enormemente, lo dimostrano le azioni repressive dei corpi di polizia contro gli antifascisti, i lavoratori in sciopero nella logistica, i lavoratori che protestano perché perdono il proprio posto di lavoro, gli sfratti dei senza casa con conseguente uso della forza con i compagni solidali e gli stessi occupanti, contro chi si oppone allo sfruttamento del suo territorio a fini esclusivamente di profitto per i soliti noti.

 Questo innalzamento del livello repressivo, atto a non disturbare il manovratore, deve far riflettere tutti i compagni e ritrovare momenti di unità nella lotta comune.

 Libertà per i compagni arrestati Aro e Vivi, liberare tutti.

   Alternativa Libertaria / FdCA , federazione cremonese.

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ALTERNATIVA LIBERTARIA/FdCA – FOGLIO TELEMATICO – Dicembre 2014

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Alternativa Libertaria – Dicembre 2014

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12 dicembre: lavoratori, non schiavi

 

Che lo Sciopero Generale sia davvero Generale

Dopo 2 mesi di scioperi e manifestazioni culminati con lo sciopero sociale del 14 novembre, il ciclo di lotte contro Jobs Act, legge di stabilità, sblocca-Italia e Buona scuola, giunge ad un appuntamento importante con lo sciopero del 12 dicembre indetto dalla CGIL con l’adesione della UIL. Pur tenendo conto di fattori contingenti quali lo scontro tra dirigenza PD e dirigenza CGIL, della risposta di quest’ultima al tentativo di delegittimazione del più grande sindacato italiano da parte del governo, questo sciopero sta per assumere l’importanza dei grandi appuntamenti storici del proletariato Italiano. Avviene infatti in uno dei periodi più difficili degli ultimi decenni per i lavoratori, in cui l’attacco del capitale e del governo in Italia rispondono alle esigenze del grande capitale e dell’oligarchia finanziaria saldamente al comando in tutto il mondo.

Il dominio totalitario della finanza ha scatenato uno degli ultimi attacchi alla condizione di vita dei lavoratori e le scelte del Governo Renzi sono lì a dimostrare la totale fedeltà ai dogmi del liberismo più autoritario. Il “Jobs Act” è l’ulteriore, e non ultimo, degli attacchi che la casta padronale sta scatenando contro i lavoratori, con la cancellazione di diritti conquistati in anni di lotte. La necessità per i padroni di sopprimere il ruolo di ogni sindacato che non si pieghi alle sue esigenze di concorrenza capitalistica, il ricatto del posto di lavoro in un mare di disoccupati e di occupati poveri fanno sì che si scateni ovunque la guerra tra poveri, quella concorrenza tra sfruttati che è la ragione vera della nascita delle forme sindacali.

Per questo oggi lo sciopero generale può essere davvero Generale, che faccia male a Governo e Padroni, che sveli finalmente il proprio scopo politico e culturale. Uno sciopero che non abbia nulla di autoreferenziale e che debba rispondere alla violenza dell’attacco alle condizioni proletarie con una forte ipoteca sulla possibilità dei lavoratori ad organizzarsi collettivamente nel prossimo futuro, deve essere uno sciopero che rivendichi quello stesso diritto allo sciopero, che da più parti si cerca di far passare come un privilegio tra i tanti di cui godono i lavoratori.

Uno sciopero che deve essere una tappa di un’azione sindacale europea, che travalichi le italiche contraddizioni per arrivare al cuore della bestia, alle politiche economiche della BCE e dell’oligarchia finanziaria che continua a nominare governi fedeli in tutta Europa.

Una giornata, quella del 12, che deve riempirsi dell’opposizione sociale alle politiche liberiste, alle illusioni governative sostenute da media sempre disposti alla collaborazione con la destra politica, sempre disposti ad inventarla per il piacere di elettori distratti.

Per non cadere nelle alternative delle destra liberista è importante riconquistare le piazze e le strade con una opposizione diffusa, fatta di comportamenti e di scelte coraggiose. Uno sciopero per ribadire che la solidarietà di classe è per noi fondamentale e che siamo disposti sempre a ricostruirla sulle macerie dello scontro con il capitale, reagendo alla crescente repressione che colpisce gli operai come coloro che lottano per il diritto alla casa, all’acqua, alla sanità e scuola pubbliche, i precari come coloro che lottano contro le grandi opere inutili e contro trattati internazionali sulle merci.

Oggi è in gioco la sopravvivenza della difesa collettiva dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e non solo, di fronte a scelte politiche che tentano di disarmarci per segregarci in un futuro di schiavi, impotenti a reagire alla violenza delle politiche dei padroni. Oggi in piazza dobbiamo esserci in tanti se vogliamo cambiare di segno le politiche autoritarie di una Europa che cerca il suo spazio imperialista attraverso la compressione sociale.

Noi comunisti anarchici e libertari, saremo con quanti questo progetto lo combattono. Se lo spazio europeo è il nostro spazio minimo, che sia territorio di solidarietà e di giustizia sociale.

Alternativa Libertaria/fdca

www.fdca.it                                                                                                               Dicembre 2014

 

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Il Kurdistan è la speranza del Medio Oriente e dell’Asia Centrale

In questi tempi di barbarie messe in atto dallo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), la resistenza di Kobane, terza città più importante dei curdi, che si trova al confine tra la Siria (o ciò che resta di essa)e la Repubblica di Turchia, rafforza la speranza di una società non-settaria e democratica in Medio Oriente con influenze in Asia Centrale.

O oeste
          do Curdistão, região cujo nome em curdo é Rojava, representa
          uma esperança de novas relações sociais para sociedades de
          maioria islâmica e operam como um catalisador de solidariedade
          global.

La regione del Kurdistan occidentale il cui nome in lingua curda è Rojava rappresenta una speranza di nuovi rapporti sociali per le società a maggioranza islamica ed un catalizzatore per la solidarietà globale.

Intervengono in questo processo soprattutto due organizzazioni politiche curde con i loro bracci militari. Una, la piùvetusta, è il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Altro punto di forza sono le Unità di Protezione del Popolo curdo(YPG è l’acronimo dall’originale arabo), con particolare attenzione alla componente costituita dalle donne, le YPJ,composte da più di 7.000 miliziani. Le YPG / YPJ sono l’espressione militare delle forze popolari della regione, il cui nome in lingua curda, Rojava, ora corre per il pianeta attraverso i portali alternativi della rete. 

La forza politica che gestisce l’organizzazione dei tre cantoni della Rojava è il PYD (Partito di Unità Democratica).Fondato nel 2003 quale esito delle nuove connessioni politiche, sociali e multireligiose derivanti dal riorientamento strategico del PKK, questa forza politica ha l’egemonia dei rapporti di potere  nella regione e, da questa condizione, si rapporta con gli altri gruppi etnici e religiosi su basi di parità civile, sociale e politica.

Nelle milizie a maggioranza curda,  ci sono combattenti di diverse confessioni (assiri, yazidi, cristiani, armeni, aleviti,arabi sunniti e sciiti, turchi di sinistra) che organizzano la resistenza a Kobane. Le YPG / YPJ non sono il braccio armato del PYD, ma forze regolari della Rojava come territorio autonomo – semi-indipendente – che si è data l’autonomia regionale dopo la ribellione curda del 2012.

L’autonomia della Rojava nasce dalla vittoria militare delle milizie delle YPG / YPJ contro le forze fondamentaliste di Al-Nusra e contro l’Esercito Libero di Siria nella battaglia di Ras Al-Ayn (Serêkanî in curdo). Questa lunga battaglia ha avuto tre fasi:  la prima dall’8 novembre al 17 dicembre 2012, la seconda dal 17 gennaio al 19 Febbraio 2013 e la terza e ultima fase tra il 16 e il 17 luglio 2013 . Alla fine, è stato firmato un accordo di cessate il fuoco con l’Esercito Libero di Siria (acronimo FSA in inglese) e riconosciuta la sovranità curda dalla principale forza di opposizione al clandi Assad.

Dopo aver preso il controllo di oltre metà del territorio tra la Siria in frantumi e la Turchia, dopo le battute d’arresto nella lotta contro Al-Nusra (ramo di Al-Qaeda nella guerra civile siriana) e contro l’ISIS, la confederazione si è stabilizzata inun certo numero di Cantoni nel Kurdistan siriano per un totale di 5 comuni (Cantoni), 5 paesi e circa 100 villaggi. Inquesto articolo, ci soffermeremo sulla  natura del PKK e del suo progetto. Prossimamente ci soffermeremo sulla Rivoluzione nella Rojava e sul progetto politico inclusivo di democrazia diretta nel Kurdistan. 


Quando venne fondato nel 1974, il PKK (non ancora con questo nome) si ispirava a contenuti stalinisti e cercò dientrare nel percorso di sostegno dei gruppi di sinistra della regione, attivi nella Guerra Fredda anche nei paesi arabi ed islamici.  Quando nel 1978 il  nome del PKK era già leggenda e dava poi inizio alla rivolta contro il governo turco (nel 1984), la Turchia era ancora dominata da una classe dirigente laica, militare e kemalista. Questa classe dirigente, la cui ala destra aveva un taglio da dittatura fascista ed aveva al suo interno orde di estrema destra conosciute comeLupi Grigi, era composta da seguaci di Kamal Ataturk e dalla generazione di ufficiali che avevano creato il paese dalla dissoluzione dell’Impero Ottomano dopo la sconfitta di questa entità statuale regionale ed amministrativa nella 1GM.

A quell’epoca il mondo viveva il periodo del bipolarismo e suscitare uno scontro nel Kurdistan turco comportava almeno tre obiettivi indiretti: portare la guerra all’interno di un paese membro della NATO; colpire uno stato dove il turismo era già importante; lavorare all’interno delle comunità di emigrati “turchi” (anche se erano curdi) in Germania.Ma l’obiettivo strategico era quello di costruire nel Kurdistan turco un faro curdo con un progetto di sinistra ed un corridoio per le regioni curde della Siria e dell’Iraq. Però, dobbiamo oggi evidenziare la trasformazione ideologica e strategica del PKK e della sua ala militare HPG (le Forze di Difesa del Popolo) in seguito alla svolta progettuale del suo leader storico.

L’attuale orientamento del PKK si rifà al pensiero filosofico del suo fondatore Abdullah Ocalan (Apo), fondato sulmunicipalismo libertario la cui espansione in scala sarebbe il confederalismo democratico. Il progetto politico haacquisito slancio e  vita con le possibilità offerte dalla primavera araba e dalla successiva guerra civile siriana. Con la frammentazione della sovranità legale sul territorio dello Stato governato dal clan Assad, si prospettava la possibilità diuna rivolta popolare, anti-Baath e anche contro l’avanzata del fondamentalismo islamico, finanziato dalle monarchie del Golfo arabo.

Si devono riconoscere due fatti, uno positivo ed uno negativo. Quest’ultimo sta nella distanza -che sarebbe esagerato definire abisso- d’intesa tra i dirigenti in carcere, i membri del partito curdo legale in parlamento (BPD, Partito Democratico delle Regioni) e le forze della guerriglia delle HPG che operano al confine con la Siria. Quello positivo sta nella organicità delle decisioni. Nella dichiarazione dell’11° Congresso del PKK, tenutosi tra il 5 e il 13 settembre 2014,con la partecipazione di 125 delegati provenienti dalle quattro regioni del Kurdistan e dall’estero, i concetti di cui soprasono approvati come linea centrale dell’organizzazione.

La Rivoluzione della Rojava ha la possibilità di vincere, con il dovuto sostegno e riconosciuta egemonia del PYD e dellemilizie delle YPG e YPJ. Tali strutture sotto l’influenza diretta del PKK e della leadership di Ocalan possono batteremilitarmente l’ISIS, ma non possono vincere da sole. Infatti, la battaglia successiva sarà quella di cercare di far rispettare la volontà politica della Rojava in una regione in cui uno Stato laico sarebbe un enorme passo avanti per l’umanità.

Le rivendicazioni di autogoverno della Rojava si pongono come una sorta di statuto di autonomia regionale. Questa organizzazione sociale si alimenta di forme di partecipazione diretta, con uguali diritti per gli abitanti di diversi gruppietnici e culturali. Questa condizione egualitaria prevede pieni diritti di genere, la libertà religiosa, ma con la subordinazione di questi enti ai Consigli popolari e con funzionari eletti. Se queste relazioni sociali saranno stabili eall’interno di uno spazio geografico con la sovranità giuridica e la capacità di auto-difesa a tutti i livelli, saremmo al limite del possibile e auspicabile all’interno del mondo islamico. Superare la teocrazia come confessionalismo politico ègià molto. Con la democrazia diretta – o anche semi-diretta – con pieni diritti per le donne (come vedremo nei prossimi articoli), ci troviamo davanti ad una nuova possibilità di vita nella società.

In questo senso e nonostante il personalismo intorno ad Ocalan ed il pericoloso culto della personalità (di cui parleremo prossimamente), il PKK è una grande speranza per i popoli del Medio Oriente dell’Asia centrale. Quello che si sta realizzando nella Rojava può davvero avere un’influenza a livello mondiale.

30 novembre 2014 – Bruno Lima Rocha
(traduzione a cura di Alternativa Libertaria/fdca – Ufficio Relazioni Internazionali)

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Solidarietà ai compagni del Csa Dordoni

Apprendiamo di una vile aggressione fascista a quattro compagni del Csa Dordoni a Cremona, da parte di esponenti di CasaPound.
 Non è la prima volta che succede, da quando è stata aperta la sede di CasaPound a Cremona, aggressioni e tentativi di aggressione sono aumentati.
 Non siamo disponibili ad accettare che compagni vengano aggrediti da questi topi di fogna, le loro azioni e ogni rigurgito fascista va bloccato sul nascere, la loro sede va chiusa.
 Ai democratici amministratori, che per un falso senso della democrazia, permettono l’apertura di sedi ad organizzazioni dichiaratamente fasciste, tutta la responsabilità.
 Chiudere i covi fascisti
 Solidarietà ai compagni del Csa Dordoni
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