Libera scuola in libero bonus

 

La “Buona Scuola “ si fa pia ed apre le sue porte alla libera scelta delle famiglie di iscrivere i loro figli alle scuole paritarie, purché si possa contare su detrazioni fiscali.

 

Dunque, anche il Governo Renzi ha deciso di dare il proprio contributo allo storico progetto di trasformazione ed accelerazione del sistema pubblico di istruzione in un sistema integrato composto di scuole pubbliche ed ex-scuole private, trasformate in “pubbliche” con lo status di scuole paritarie.

Dalla scuola della Repubblica alla scuola del privato cittadino, storia di un attacco clericale e liberista

(1) 1999

Gli obiettivi strategici ed i passaggi istituzionali di questa trasformazione erano stati delineati in un documento della fine del 1999, intitolato “Scuola Libera!” (sottoscritto fra gli altri dal futuro ministro Moratti, Carlo Bo, Emma Marcegaglia, Angelo Panebianco, Sergio Romano, Cesare Romiti, Marco Tronchetti Provera,…) con la finalità di trasformare il sistema scolastico italiano da istituzione della Repubblica a segmento di un più ampio mercato della formazione regolato dalla dinamica della domanda e dell’offerta. Ecco la ricetta dei firmatari di “Scuola Libera!”:

  • finanziare, non gestire l’istruzione
  • garantire pluralità di offerte formative, statali e non
  • pari dignità tra le diverse scuole
  • abolire il valore legale del titolo di studio
  • determinare la cifra che lo Stato intende spendere annualmente per l’istruzione di ogni allievo
  • assegnarla, diversificata a seconda del grado di istruzione, alla sua famiglia, utilizzando bonus o analoghi strumenti
  • scontare al massimo di un 10% il costo per alunno delle scuole non statali (per tener conto delle spese fisse)

2000

Il parlamento approva la Legge 62 (governo D’Alema) che istituisce il sistema pubblico integrato di istruzione a cui accedono le ex-scuole private religiose e non, ridenominate “paritarie”, in perfetta sintonia con alcuni desiderata degli autori di “Scuola Libera!”.

La legge 62/2000 risultava tuttavia palesemente incostituzionale perché:

  • sancisce il diritto per le scuole private di ottenere provvidenze statali (violando l’art.33)
  • dà la possibilità di usare denaro pubblico per pagare prestazioni che si ricollegano all’insegnamento ma non ne costituiscono i tratti essenziali (violando l’art.34)
  • riconosce alle private la facoltà di avvalersi di prestazioni volontarie gratuite per il 25% del monte ore (violando gli articoli 35, 36,37, 39, 40).

Ma tant’è: con quella sottile distinzione tra finanziamento pubblico vietato al momento dell’istituzione di scuole private e finanziamento pubblico consentito una volta avvenuta l’istituzione, utile ad aggirare il divieto costituzionale, la legge 62 iniziava i suoi primi passi.

Fase 2001-2006

Sono gli anni della stabilizzazione dei finanziamenti pubblici alle scuole paritarie e delle agevolazioni per le assunzioni.
L’art.1, comma 636 della L.296/2006 prevede che ogni anno il Ministro della Pubblica Istruzione emetta un decreto con cui definisce i criteri ed i parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie, dando priorità alle scuole dell’infanzia (67,2%) e primarie (29,8%) ed infine alle secondarie (1,3%)

Fase 2007-2014

Il D.M. del 21 maggio 2007 segna una svolta decisiva nel finanziamento pubblico alle scuole paritarie, riconoscendo anche alle scuole secondarie paritarie un finanziamento a carico dello Stato. Viene così equiparato di fatto il sistema delle scuole paritarie, anche sul piano economico, alle scuole della Repubblica.

Dal 2009, i contributi a favore delle scuole paritarie vengono ascritti nel bilancio del MIUR a due distinti capitoli:

  • Cap. 1299 Somme da trasferire alle Regioni per il sostegno alle scuole paritarie
  • Cap. 1477 Contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle D’Aosta

Ecco il flusso dei finanziamenti dal 2008 al 2014 (2)

2008: 535.400.000 euro (cap.1477) pari al 100%
2009: 401.900.000 (cap. 1477) + 120.000.000 (cap.1299)=521.900.000 = 97,5%
2010: 409.000.000 (cap.1477)+130.000.000 (cap.1299)=539.000.000 euro = 100,7%
2011: 253.000.000 (cap.1477)+245.000.000 (cap.1299)=498.000.000 euro = 93%
2012: 265.392.773 (cap.1477)+237.291.833 (cap.1299)=502.684.606 euro = 94%
2013: 258.417.930 (cap.1477)+237.791.833 (cap.1299)=496.209.247 = 93,13%
2014: 273.898.626 (cap.1477)+223.000.000 (cap.1299)=496.898.626 = 92,8%

2015

Lo squasso che provocherà la “Buona Scuola” sta aprendo finestre imperdibili. Si produce in febbraio un pressing verso la piena attuazione della L.62/2000, proveniente sia dai ranghi del PD che dell’opposizione, che dalla stampa cattolica. Il momento appare propizio per correre al salvataggio delle scuole paritarie, in piena crisi di iscrizioni (-30mila nel 2012-13) e di finanziamenti (-42% dal Governo Monti).

Viene così ripresa una vecchia idea (mai attuata) del governo dell’Ulivo: quella della detrazione fiscale, con possibilità di detrarre direttamente dalle imposte (non dall’imponibile) le spese scolastiche, andando quindi a credito senza incidere sulla base imponibile, bensì unicamente sul tributo dovuto.

In una seconda fase si dovrebbe passare alla fattispecie del bonus erogato direttamente alle famiglie che scelgono una scuola paritaria. Più che citare opportunisticamente la Montessori o Gramsci – come fanno i firmatari della Lettera a Renzi (3) – per rafforzare la cifra di libertà che sarebbe insita in tale scelta, è il caso di rilevare che la primogenitura del bonus spetta – invece – ad economisti quali Milton Friedman, seguito da Friedrich von Hayek e in Italia da Antonio Martino (allievo di Friedman).

Scrive Hayek: “Si può provvedere alle spese per l’istruzione generale, attingendo alla spesa pubblica, senza che debba essere lo Stato a mantenere le scuole, dando ai genitori dei buoni che coprano le spese di istruzione di ciascun ragazzo: buono da consegnare alla scuola da loro scelta (…) Si potrebbe anche auspicare che lo Stato provveda direttamente alle scuole in alcune comunità isolate, dove, perché possano esistere le scuole private, il numero dei ragazzi è troppo basso (e il costo medio dell’istruzione pertanto troppo alto). Ma nei confronti della grande maggioranza della popolazione sarebbe senza dubbio possibile lasciare l’intera organizzazione e amministrazione agli sforzi privati. Da parte sua lo Stato dovrebbe semplicemente garantire uno standard minimo per tutte le scuole in cui potrebbero essere spesi i suddetti buoni. Un altro grande vantaggio sarebbe che i genitori non si troverebbero più davanti all’alternativa o di dover accettare qualsiasi tipo di istruzione fornita dallo Stato o di pagare di tasca propria il prezzo di un’istruzione un po’ più cara: se scegliessero una scuola diversa da quelle comuni dovrebbero pagare solo un costo addizionale”.(4)

Qui enunciati i principi di sussidiarietà (5) e competizione, cari agli economisti liberali antistatalisti, tanto da far credere che il bonus sia una cosa di sinistra.

Il bonus ha da tempo trovato applicazione a livello regionale, con un proliferare di legislazione regionale e di iniziative di protesta da parte di chi difende la scuola pubblica e ne denuncia il progressivo sotto-finanziamento.

La “Buona Scuola” (6), con annessi provvedimenti di sostegno alla domanda di istruzione nelle scuole paritarie, si inserisce all’interno di questo quadro e delinea una scuola riformata sui principi della personalizzazione e del familismo. Studenti e genitori, trasformati da soggetti di diritto alla formazione in utenti/consumatori di un’offerta impacchettata rischiano di non cogliere più l’interesse collettivo di cui è portatore l’istituzione scuola e di cui essi sono destinatari e protagonisti, per impegnarsi invece nella ricerca del successo personale in studi scelti per un fine particolare e non per conseguire una formazione olistica.

Sbrindellata e mercificata così la scuola della Repubblica, non rimane che un’unica scuola in grado di offrire una formazione integrale: è proprio quella scuola religiosa cattolica che si pone come IL luogo della vera formazione spirituale ed intellettuale.

Ai laici ed agli anticlericali il compito di ostacolare questi processi. L’associazionismo laico, i sindacati, i comitati dei genitori sono i soggetti a cui spetta l’arduo compito di riorganizzare un’altra possibilità di scuola pubblica, laica e pluralista per tutte/i e di tutti/e.

Donato Romito
(Alternativa Libertaria/FdCA)

Risorse:

(1) cfr.http://www.fdca.it/laicita/meeting2003.htm
(2) cfr. http://www.flcgil.it/files/pdf/20140609/scheda-flc-cgil…4.pdf
(3) cfr. http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/E-ora-che-la-pari….aspx
(4) cfr. La società libera, F.A. Von Hayek, ed. Rubbettino, 2007
(5) cfr. http://www.fdca.it/sindacale/sussidiarieta.htm
(6) cfr. http://www.cenerentola.info/index.php/dibattiti-e-opini…cuola

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