categorynorth america / mexico | anti-fascism | non-anarchist press authorThursday August 08, 2013 22:18author by Sarah Kendzior – Al Jazeera Segnalare questo messaggio alla redazione
Resteremo immersi nella paranoica cultura politica degli USA finchè continueremo a fidarci dei nostri leaders e delle corporations che detengono il potere.
“I paranoici non sono paranoici perchè sono paranoici”, scrive Thomas Pynchon in Gravity’s Rainbow, “ma perchè continuano, da fottuti idioti, a mettersi deliberatamente in situazioni paranoiche”.
Il 23 giugno 2013, Edward Snowden ha lasciato la Cina, uno stato repressivo dotato di un vasto sistema di controllo, per atterrare in Russia, uno stato repressivo con un sistema di controllo ancora più vasto, allo scopo di sfuggire all’America, dove aveva lavorato per un sistema di controllo talmente vasto da dargli -parole sue- “il potere di cambiare il destino delle persone”.
Ma, nello sbandierare il suo poter cambiare il destino degli altri, Snowden la perso il controllo del suo stesso destino. E’ stato criticato aspramente come istigatore di cospirazioni internazionali eppur lodato quale fonte della loro rivelazione. Eroe e traditore al tempo stesso, fante e re, un coraggioso informatore in grado di mettere in ginocchio le nazioni ma anche un narcisista naif, che non ha fatto la pre-scuola. Ha suscitato tanto di quel dibattito da arrivare a dibattere se dibattere su di lui oppure no.
Quali domande si fanno le persone quando vedono Snowden? Si chiedono quanto gli Stati e le corporations sappiano della loro vita privata, ma soprattutto si chiedono se otterrebbero mai delle risposte. Si chiedono se esiste una conoscenza non contaminata dalla corruzione, mentre Snowden continua il suo tour mondiale tra i regimi corrotti. Si chiedono se c’è qualcuno che possa spiegare cosa c’è scritto nell’agenda di Stato senza che questo qualcuno abbia una sua propria agenda. Si chiedono tutto ciò, ma non trovano le risposte che cercano.
Il lascito di Snowden
Una spiegazione è esaustiva quanto più ci si fida della persona che ce la fornisce. Nel lungo periodo, Snowden verrà visto più come un sintomo che una causa della crisi di fiducia nel sistema stesso. Ciò che Snowden ci lascia è la paranoia – la paranoia dell’individuo verso lo Stato che alimenta la paranoia a livello collettivo. No, non significa che la paranoia è sempre ingiustificata. Ma che è diventata una filosofia di vita invece di essere solo una reazione.
Non importa, infatti, se le accuse di controllo di massa e di raccolta di informazioni avanzate da Snowden e dal giornalista del Guardian, Glenn Greenwald, siano vere, quanto come le accuse vengano recepite. Il sospetto del controllo può essere veleno per una democrazia che funzioni, almeno quanto il controllo in sè. Il non sapere quanto sia esteso il controllo – su chi, da parte di chi, a quale scopo – accresce l’ansia nella distanza che separa il potere dalla collettività, un’ansia che già si avvertiva ben prima del caso Snowden.
Tra lo Stato ed il cittadino, abbiamo i media, i quali tra pregiudizi e carrierismo alzano altra nebbia. Con Snowden, ogni rivelazione prevede una confutazione, ma il cittadino viene lasciato solo a valutare lo stato del suo paese sulla base della fiducia che egli ha nell’individuo che ne fa il ritratto.
Dopo mesi di scandalo, è evidente che il caso Snowden tende verso il tautologico. Se un giornalista crede – o ritiene vantaggioso far credere – che i dipendenti della NSA (National Security Agency, ndt) rispettino il diritto alla privacy dei cittadini e rispettano i codici legali che li proteggono, allora le dichiarazioni di Snowden non sono altro che infondate esagerazioni. Ma se un giornalista crede – o trova vantaggioso far credere – che i dipendenti della NSA siano proni ad abusare dello stesso sistema che hanno creato e che il governo giungerà a mentire pur di proteggere la sua creatura, allora le dichiarazioni di Snowden sono la prova di un abuso sistemico.
William S. Burroughs scrisse che “A volte è solo paranoia poter disporre di tutti i fatti”. Ed a volte la paranoia è la fallace credenza che sia possibile disporre di tutti i fatti.
Attacchi di ansia
La paranoia politica americana ha una lunga storia, ottimamente sintetizzata forse nello studio di Richard Hofstadter sulla “paranoia come stile nella politica americana”, in cui egli descrive come, facendo uso di teorie che erano “sovraenfatizzate, ultrasospettose, iperaggressive, grandiose, ed apocalittiche nella loro espressione”, una piccola minoranza abbia spesso guadagnato potere nel tragitto.
Lo studio di Hofstadter venne pubblicato nel 1965, trenta anni prima della diffusione di un sistema internazionale di comunicazioni che potenzialmente dà ad ogni cittadino la possibilità di poter smontare le bufale ed accedere a dati attendibili. Internet appare come un antidoto alle teorie cospirative ed al segreto di Stato, ma in realtà non fa che amplificare entrambi.
La paranoia è aggressione mascherata da difesa. E’ stata la paranoia (insieme all’arroganza ed alla cupidigia) che ha causato le premesse della Guerra in Iraq; è stata la paranoia che ha portato migliaia di innocenti musulmani ad essere indagati a New York; è stata la paranoia che ha portato all’omicidio di Trayvon Martin per strada. All’interno del Congresso, la paranoia è più patologia che stile, usata più con paura che come florilegio. La paranoia è il rifiuto di riconoscere gli altri se non filtrati attraverso noi stessi – e cosa vedono gli Americani dentro se stessi? Paura, paura, paura.
La trasparenza digitale cambia la politica, ma rafforza anche quegli aspetti della politica che appaiono resistenti al cambiamento. Quando due anni fa WikiLeaks mise in giro i suoi cablogrammi, più che creare stupore con delle rivelazioni scioccanti, finì col confermare i peggiori sospetti delle persone.
Uno degli aspetti più sconcertanti del sistema di controllo di massa è quanto poco tutte queste informazioni servano per porre rimedio alla corruzione ed all’incompetenza. Il Grande Fratello non fa paura perchè sa troppe cose, ma perchè è in grado di fare ben poco.
Snowden è figlio di un’era di paranoia. L’amministrazione Bush è stata segnata da due delusioni gemelle: 1) l’isteria verso il terrorismo, incoraggiata dall’insistenza nell’avere una visione della realtà contraria all’evidenza; 2) l’autocongratulazione per trionfi mai raggiunti, ben visibili nell’uragano Katrina “opera del diavolo”, nella “missione compiuta” in Iraq”, e nella bolla dell’economia.
Obama si era candidato come alternativa non solo alla politica di Bush, ma anche alla mentalità di Bush, offrendo “speranza e cambiamento” quali antidoti alla delusione ed alla intransigenza. Obama ha ereditato i problemi lasciati dall’amministrazione Bush proprio mentre i social networks come Facebook iniziavano a dare alle persone nuovi strumenti per esplorare i dati riguardanti le nostre vite – per esplorare le nostre vite in quanto dati.
Il timore che il governo si stesse inventando le giustificazioni per indagare sui cittadini si è tramutato in paura che il potere possa giustificare le indagini attraverso la manipolazione dei dati che noi, di fatto, produciamo. Noi creiamo il tracciato, ma loro ne determinano l’origine e la destinazione. Questa è l’ansia che alimenta le rivelazioni di Snowden.
Una cultura fatta di paranoia
Ma la paura più profonda, la tristezza vera, sta nel fatto che le persone sono del tutto insignificanti per il governo, e che coloro che detengono il potere sono indifferenti al nostro destino. Non c’è bisogno di una database per vedere quanto soffrono gli Americani.
L’amministrazione Obama fa grande uso della retorica sulle grandi questioni – disoccupazione, violenza ed iniquità – ma non è che riesca a fare granchè per trovare delle soluzioni. Questa frenetica caccia a Snowden appare del tutto lontana dalla vita quotidiana. I cittadini ne avvertono le ripecussioni sottoforma di paranoia, presi in una morsa di auto-importanza nonostante tutto dimostri il contrario.
Il 31 luglio, la giornalista Michele Catalano ha ricevuto a casa sua una visita dell’antiterrorismo. Ha pensato che fosse dovuta al fatto che su Google aveva cercato parole come “pentola a pressione” e “zaini”. In realtà, non era un’unità dell’antiterrorismo ma la polizia locale di Long Island. Non si erano presentati a casa sua perchè degli osservatori lontani avessero seguito la sua ricerca su internet, quanto perchè l’ex-datore di lavoro di suo marito aveva chiesto un’indagine sulle attività che l’uomo faceva sul computer del lavoro. Come ha scritto Adrien Chen del Gawker: “La parte davvero spaventosa della storia della Catalano – la raccapricciante correlazione del suo navigare su Google con qualche lontana stanza di controllo – ha avuto origine, ed è finita, tutta nella sua immaginazione”.
L’insistenza sullo scandalo della NSA finirà per coinvolgere più della stessa riforma della NSA. Che significa cambiare la paranoica cultura politica americana, ritrovare fiducia nei nostri leaders, avere dei leaders che si meritino la nostra fiducia. Significa che le persone nei posti di potere – al governo e nelle corporations come in Facebook e Google – devono essere puliti e dirci cosa sanno e perchè lo vogliono sapere. Le nostre configurazioni private, in senso letterale e figurato, non devono più essere manipolate. Le nostre aspettative private non devono più essere determinate da coloro che leggono le nostre email.
Finchè non sarà così, non potrà che regnare la paranoia. “il potere è impenetrabile”, ha scritto Elias Canetti, nel suo studio del 1960 sulla paranoia nella politica. “L’uomo che ne è contagiato la vede negli altri, ma non permette che gli altri guardino in lui”.
Edward Snowden ha dichiarato che egli poteva vedere dentro le vite di tutti. E che stava dalla nostra parte. Sta proprio qui la novità di tutto quest’affare. Lui guardava dentro di noi e noi lo guardiamo correre.
Sarah Kendzior
(traduzionea cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)