Il Beato Rolando Rivi la lotta partigiana ed il martirio della Chiesa Cattolica

Ha fatto un certo clamore, soprattutto in Emilia,la proclamazione da parte della chiesa cattolica della beatificazione di Rolando Rivi, quattordicenne seminarista di Castellarano (RE) fucilato dai partigiani del Battaglione “Frittelli” della Brigata Garibaldi Modena Montagna comandata da Mario Ricci,(Armando)il 10 aprile del 1945 in un bosco nelle vicinanze di Palagano sulle colline Modenesi.

Di questo fatto vennero accusati e condannati dal tribunale del nuovo stato democratico due partigiani, Delciso Rioli (Narciso) e Giuseppe Corghi, quest’ultimo avrebbe eseguito la condanna a morte del giovane seminarista nel bosco di Monchio mentre Delciso Rioli ne era il comandante, e se ne assunse la piena responsabilità, non ostante uno dei due, Rioli, fosse in quel giorno impegnato in combattimento in una località nei pressi di Montefiorino.

Gli imputati, vennero condannati a venti anni di carcere,per un “crimine” commesso in guerra e liberati dopo alcuni anni di galera.

Al processo gli imputati si difesero dicendo che il giovane seminarista fosse una spia dei fascisti e che fosse utilizzato per questo scopo dal parroco di San Valentino, paese natale di Rolando Rivi, Don Camellini, e che la cospicua quantità di danaro trovatagli addosso fosse la ricompensa per il suo lavoro di collaborazione e di delazione con i fascisti, questa ombra tanto oscura portò la madre di Rivi, fervente cattolica, a cessare di frequentare la chiesa ed il parroco dopo la morte del figlio.

L’uccisione del ragazzino avvenne con un processo sommario, e furono i partigiani stessi a decretarne la morte, e ad eseguirla.

La beatificazione e la scoperta di questo nuovo santo non toglie alcuni dubbi su di una operazione che sa, come sempre, di dileggio per la resistenza in generale e per la componente più rivoluzionaria, quella comunista, giellista od anarchica in particolare, le stesse parole che i partigiani responsabili della fucilazione utilizzarono fanno supporre che il contesto nel quale avvennero i fatti fosse profondamente condizionato dal ruolo che la chiesa cattolica aveva avuto con la propria complicità con il fascismo e la lotta antipartigiana tant’è che alla domanda di Don Camellini e del padre che andarono a cercarlo nel bosco di Monchio del perché l’avessero ucciso Corghi rispose “un prete in meno”

I fatti parlano chiaro, che Rolando Rivi fosse o no una spia al soldo di Don Camellini fu un errore dei partigiani giustiziarlo,non tanto e non solo per la giovane età del seminarista, quanto per non avere tutti gli elementi e le prove per decretarne la condanna a morte come spia dei fascisti.

Ora che il movimento partigiano a tanti anni dai fatti resti sotto tiro di clericali e fascisti mi pare una ovvietà,sin dal primo dopoguerra in Emilia ma non solo, la chiesa cattolica non aveva smesso l’opera di denigrazione del movimento partigiano, si pensi solamente alle prese di posizione del Vescovo di Reggio Emilia Beniamino Socche, vero campione di fascismo clericale, ed anche il processo di “riappacificazione “ nazionale passò attraverso la condanna ed il carcere per migliaia di partigiani combattenti, nella sola provincia di Modena furono più di tremila i partigiani arrestati, fermati, torturati o denunciati dalle autorità dello stato democratico per il loro trascorso nelle brigate partigiane.

Il caso di Rivi, e la candidatura a santo decretata dalla chiesa cattolica pone comunque qualche interrogativo, sicuramente la giovane età e la profonda fede religiosa del seminarista sono requisiti essenziali per una beatificazione, ma il valore aggiunto sta tutto nel fatto che il martirio cristiano deve giocarsi antagonisticamente con il nemico, con chi non ha fede, o tutt’al più ne professa una diversa da quella cattolica, quindi quale migliore situazione di martirio si può avere con un seminarista ucciso da partigiani, atei, e comunisti?

La riprova sta nella storia della chiesa, anche recente,i fenomeni di beatificazione così seguiti dai fedeli della chiesa cattolica, oltre a produrre con il martirologio l’essenza stessa del venerazione per il santo, al quale vengono cancellate ogni caratteristiche umane per assumere quelle della completa purezza e della devozione a dio ed alla chiesa, i santi diventano tali da morti,e quindi la ricostruzione delle loro vite e dei loro presunti miracoli ha assolutamente bisogno di misurarsi con la crudeltà della morte, tanto è crudele tanto conferisce alla morte la disumanizzazione necessaria al martirologio,per il bene della chiesa naturalmente.

Recentemente, negli anni scorsi, Papa Woitila aveva beatificato molti degli ecclesiastici morti in Spagna per mano delle forze repubblicane durante la rivoluzione, con lo stesso schema, il clero che era schierato con la reazione fascista divenne martire della fede e della chiesa cattolica,anche in quel caso il nemico era il comunismo,l’ateismo e la rivoluzione.

Nei Paesi Baschi ad esempio il clero si schierò con la Repubblica e venne perseguitato ed a decine vennero uccisi dalle falangi fasciste di Franco ma, per questo grave peccato ,non venne beatificato come quello martirizzato in Catalogna ad esempio.

Durante la lotta di liberazione diversi preti si schierarono con il movimento partigiano armato, e molti di essi vennero uccisi dai fascisti, a Reggio basta ricordare Don Borghi,ma questi fatti sono sempre stati derubricati dalla chiesa con meno enfasi,nessun martire da offrire ai fedeli, al limite una buona lezione di civismo da diffondere sui banchi di scuola, quasi fossero errori di percorso, incidenti accaduti nello stesso campo e quindi impresentabili attraverso la lente della fede e del martirologio cristiano.

Lo stesso ruolo che il Papa attuale, Bergoglio, ebbe durante la dittatura bestiale dei generali argentini è li a documentare una storia della chiesa da sempre schierata con ricchi e potenti, e qualora una parte del clero prendesse in mano le armi per stare dalla parte del popolo e dei ceti subalterni è pronta la scomunica e si alzano barriere, così come avvenne a quanti in sud America tentarono la via della “Teologia della Liberazione”, ma per trovare analogie all’ipocrisia cattolica è sufficiente non beatificare,e ignorare quei preti e quei cattolici che morirono in argentina sotto la dittatura fascista,come sempre il martire cattolico è tale solo se non viene prodotto dalla crudeltà fascista.

Gino

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