Scendere in piazza contro la destra ed il governo.
brazil/guyana/suriname/fguiana | community struggles | opinião / análise Sunday June 23, 2013 03:10 by Federação Anarquista Gaúcha – Integrante da Coordenação Anarquista Brasileira (CAB)
Per un programma di proposte popolari!
La lunga notte di scontri del 17 giugno ha cambiato la situazione in Brasile ed ha ridimensionato le proteste sociali. Una simile massiccia mobilitazione di circa 1 milione di manifestanti in decine di grandi e più piccole città del paese non si verificava nella storia politica del Brasile dai tempi del “Fuori Collor” del 1992. C’è un prima e c’è un dopo quando compare sulla scena nazionale un nuovo soggetto storico collettivo che diventa nelle strade catalizzatore di una imponente forza sociale.
Scendere in piazza contro la destra ed il governo.
Per un programma di proposte popolari!
La lunga notte di scontri del 17 giugno ha cambiato la situazione in Brasile ed ha ridimensionato le proteste sociali. Una simile massiccia mobilitazione di circa 1 milione di manifestanti in decine di grandi e più piccole città del paese non si verificava nella storia politica del Brasile dai tempi del “Fuori Collor” del 1992. C’è un prima e c’è un dopo quando compare sulla scena nazionale un nuovo soggetto storico collettivo che diventa nelle strade catalizzatore di una imponente forza sociale.
Nella gestazione di questi nuovi rapporti di forza, la lotta contro l’aumento delle tariffe dei trasporti pubblici si è manifestata come la più articolata espressione di una valanga di sentimenti e di rivendicazioni represse che vanno ben oltre la capacità di controllo e di comando sulla società brasiliana. Siamo di fronte ad una saturazione del modello capitalista che si è ulteriormente approfondita negli ultimi 10 anni di governi del PT votati ad un modello di neo-sviluppo. Questo modello prometteva un Brasile grande e moderno anche a scapito di un brutale deterioramento dell’ambiente, degli spazi pubblici e delle condizioni di vita del popolo lavoratore e dei giovani.
Il modello dominante chiedeva un patto sociale tra le classi che aumentasse il potere del grande capitale sulle città, sui beni comuni e sulle frontiere agricole. L’intero terrirorio è stato ridisegnato in base alle rappresentazioni dell’ideale produttivista emergente all’interno del sistema mondiale del potere e della ricchezza. Mega-eventi, opere pubbliche ed infrastrutture private, aziende agroalimentari stanno scrivendo l’ideologia della crescita in Brasile. Il neo-sviluppismo è dovuto ad un mutamento del ruolo dello Stato come fattore di crescita del grande capitale, di integrazione conseguente dei settori popolari e di normalizzazione sociale. Questa struttura di dominio del potere sembra non temere le crepe prodotte dallo sfruttamento e delle disuguaglianze sociali, anzi al contrario, riformula ed olia i suoi meccanismi attraverso una ideologia fatta di desideri individuali di consumo e di prosperità.
La presunta inclusione sociale tramite l’accesso a determinati beni porta ad associare la felicità al consumo, ma non è in grado di soddisfare le richieste collettive che plasmano la qualità della vita nelle città. La percezione di giorni migliori per il popolo si dissolve di fronte all’insopportabilità di una struttura oppressiva della vita sociale di tutti i giorni. Lo sviluppo urbano accelera l’espropriazione dei settori popolari al diritto alla città, restringe gli spazi pubblici e la mobilità, deteriora la sanità e l’istruzione, diffonde il lavoro precario e flessibile, la negligenza e la distruzione della gioventù marginalizzata nelle periferie. Per coloro che non si integrano nelle norme di condotta, che non si rassegnano ad un mondo di miseria e che sono refrattari alle tecniche del potere, si erge un Stato penale fatto di carceri piene di poveri e di neri. Per gli emarginati è pronto un programma conservatore che prevede l’abbassamento dell’età di carcerazione e l’internamento obbligatorio per i tossicodipendenti.
Nell’interno del paese questo modello viene applicato con forza bruta sui diritti degli indigeni e degli afro-brasiliani e con una riforma agraria ed urbana che rivalorizza i latifondi verso il settore agroalimentare e la speculazione immobliare. Una nuova tappa della guerra di sterminio degli indigeni sopprime i confini delle terre e criminalizza la resistenza, con morti e distruzione di culture.
Il carattere nazionale delle lotte
Questa saturazione del modo di vita ha prodotto una conflittualità di strada in tutto il paese, poichè non ha trovato spazi di rappresentanza nelle istituzioni politiche borghesi e nemmeno nella voce dei grandi media. Tuttavia, se in un primo momento le mobilitazioni sollevavano principalmente questioni relative all’aumento delle tariffe nei trasporti, abbiamo visto nelle ultime mobilitazioni aggiungersi bandiere e rivendicazioni di natura interclassista ed in a alcuni casi, come ad esempio a San Paolo, assumere un carattere conservatore, nazionalista e vanaglorioso.
In questo frangente di mobilitazioni di massa, i grandi media rinunciano agli iniziali attacchi che criminalizzavano le manifestazioni e cercano di riposizionarsi sostenendo il diritto legittimo a manifestare per poi isolare gli atti di vandalismo fatti da una minoranza. In questo modo, esce di scena il carattere classista e di sinistra delle rivendicazioni per un trasporto pubblico al 100% ed entra in scena un discorso apolitico, molte volte intriso di nazionalismo estramemente vanaglorioso, che nella rete si impone con “tormentoni” del tipo “sono brasiliano, con molto orgoglio, con molto amor!”.
Se la destra più conservatrice nel paese cerca di cavalcare l’onda, che non solo non ha creato, ma fa di tutto per reprimerla, portando a casa già alcuni risultati seminando una certa confusione tra il popolo e tra la sinistra, noi non possiamo giungere a precipitose conclusioni se non quella che questa destra “ha ribaltato le carte”. I giochi restano aperti e spetta alla sinistra di classe di questo paese raddoppiare gli sforzi per capitalizzare al massimo i sentimenti di indignazione che oggi attraversano il paese. Senza settarismi e senza dispute meschine che portano alla calunnia come mezzo di autocostruzione, occorre che la sinistra si assuma la sua responsabilità di stringere i pugni e far fronte al nemico.
Se ci precipitiamo ad affermare che la destra “ha rovesciato il tavolo” e/o allo stesso tempo non siamo capaci di superare i vizi del settarismo e, nell’unità di lotta, non sapremo incidere con una agenda classista in questo scenario, finiremo disgraziatamente per consegnare il controllo delle strade alla destra più reazionaria del paese, che cerca di metter su il “carnevale della reazione”, agitando la sua agenda generica ed opportunista che parla di “lotta contro la corruzione” (come se loro non facessero parte della corruzione strutturale che esiste in questo paese), di abbassamento dell’eta di carcerazione, della lotta contro “le borse della miseria” insieme ad altre rivendicazioni proprie della loro lotta ideologica e dei grandi oligopoli dei media.
I limiti della strada e la necessità di organizzarzi dal basso
La dimensione assunta dalle proteste, insieme al lavoro svolto dai grandi media e dai settori della destra per far passare le loro parole d’ordine all’interno delle manifestazioni, mostra i limiti di questa forma di lotta quando non c’è un’organizzazione di base che dia sostegno alla lotta nei periodi di riflusso.
I settori che stanno partecipando alle proteste fanno parte, in maggioranza, di una generazione di più giovani che non ha gli stessi riferimenti organizzativi e di lotta della generazione di fine anni ’80 ed inizio anni ’90, che lottò per la fine della dittatura civil-militare e successivamente contro il neoliberismo forgiando strumenti di organizzazione come il PT, la CUT e il MST, fino a riorganizzare la UNE. Si tratta di una generazione che ha nuovi referenti, molto vincolata ai social network della rete che finisce per essere il luogo che macina idee, proposte, critiche e processi. In questo contesto, le mobilitazioni di strada, pur quando molto partecipate, dimostrano limiti che riteniamo necessario superare.
Per noi anarchici della FAG, se la forza delle strade e dell’azione diretta é decisiva nell’esprimere il potere degli oppressi, al tempo stesso non è sufficiente se gli stessi oppressi non posseggono strumenti di lotta e di organizzazione in cui le cose chieste nelle strade possano essere discusse, elaborate e coordinate in altri spazi di organizzazione. I sindacati, le entità studentesche e le associazioni di Moradores ne sono un esempio, ma occorrono collettivi di lavoro locale, comitati di discussione su temi che ci riguardano come i trasporti, la salute e l’istruzione nei quartieri, le scuole, ecc, i quali sono altri esempi di organizzazione che dovrebbero essere realizzati affinchè le cose che rivendichiamo quotidianamente possano essere discusse, concordate e lanciate con forza nelle strade con le nostre mobilitazioni.
Senza questi spazi di base, finiamo con il seguire l’andamento delle cose, di quei gruppi organizzati che hanno interessi ben definiti e che in ogni momento cercano di condizionare le mobilitazioni, mentre noi non costruiremo un progetto autonomo, in quanto oppressi capaci di far fronte alle classi dominanti ed ai loro strumenti con cui oggi tentano di cooptare quelle mobilitazioni che con molta forza, organizzazione e dedizione continuiamo ad alimentare.
Aprire la scatola nera dei padroni del trasporto pubblico! Per un modello pubblico al 100%! Democratizzazione dei media!
Contro le spese per i Mondiali di calcio. In difesa della sanità e dell’istruzione pubblica e formazione pubblica di qualità. La protesta con è un crimine!
Contro il massacro dei giovani poveri ed i giovani neri nelle periferie!
Federação Anarquista Gaúcha – Integrante da Coordenação Anarquista Brasileira (CAB)
(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)