Siria: problemi imperialisti da bombardamento

machrek / arabie / irak | impérialisme / guerre | opinion / analyse Thursday September 05, 2013 19:28 by Hervé avec Edith Soboul – Alternative libertaire

Le potenze occidentali hanno cominciato a preparare l’opinione pubblica per un intervento militare in Siria. Quali sono i problemi reali? A che punto è la ribellione al regime? Ed il regime? Un punto di vista antimperialista. !cid_part5_05020103_04030600@fdca


Siria: problemi imperialisti da bombardamento

 Le potenze occidentali hanno cominciato a preparare l’opinione pubblica per un intervento militare in Siria. Quali sono i problemi reali? A che punto è la ribellione al regime? Ed il regime? Un punto di vista antimperialista.

Dopo un attacco chimico alla periferia di Damasco, di cui -pur senza prove definitive finora- è stato accusato il governo di Bashar al-Assad, le potenze occidentali hanno fatto finta di essersi indignate e hanno cominciato a preparare l’opinione pubblica per un intervento militare.

Mentre scriviamo questo articolo, sembra probabile che l’esercito americano possa intervenire nei prossimi giorni, verosimilmente con il supporto della Francia.

Se non vi è alcun dubbio sull’uso della violenza per due anni da parte del regime di Bashar al-Assad per schiacciare i ribelli, la guerra civile siriana non può certo essere ridotta a una lotta tra “cattivi” e “buoni”. La giustificazione umanitaria per futuri bombardamenti non deve far dimenticare altre questioni strategiche per le potenze occidentali.

 

Queli problemi geopolitici per l’Occidente?

Il principale interesse delle potenze occidentali è quello di spezzare  l’ “asse della resistenza”, composto da Siria, Hezbollah e Iran, le uniche forze regionali che resistono al controllo occidentale ed israeliano sul Medio Oriente. Eliminando il regime siriano, sarà più facile colpire Hezbollah, mentre l’obiettivo finale è quello di isolare l’Iran per costringerlo a sottomettersi pena essere attaccato se dovesse rifiutarsi.

Sullo sfondo vi è naturalmente il controllo delle enormi risorse energetiche della regione. La guerra civile siriana è già una guerra regionale tra Iran e le monarchie del Golfo, con il sostegno di Russia e Cina, da un lato, delle potenze occidentali e Israele dall’altro.

Allo stesso tempo, gli Stati Uniti ei loro alleati si giocano la loro credibilità in questa storia. Avevano programmato un rapido crollo della dittatura, ma Bashar al-Assad è ancora lì, due anni dopo l’inizio della rivolta. Il regime resiste meglio del previsto, con l’aiuto di Hezbollah, Iran e Russia. Il suo esercito è all’offensiva da diversi mesi, i ribelli potrebbero essere sconfitti militarmente. Il caso del massacro chimico cade a fagiolo per intervenire direttamente e modificare i rapporti di forza.

Cartografia della ribellione e dell’esercito lealista

La ribellione è divisa in una moltitudine di fazioni che sono distribuite in due campi

  • I partiti favorevoli alla lotta      armata, che richiedono da lungo tempo un intervento militare, si sono      raggruppati nella Coalizione Nazionale Siriana sostenuta dall’Occidente,      dalle petrolmonarchie del Golfo e dalla Turchia.
  • L’opposizione civile che rifiuta      la militarizzazione della rivoluzione e ricerca una soluzione negoziata. E’ qui che ci sono componenti      progressiste: contro un intervento armato straniero (due posizioni in      evidenza: quella di Haytham Manna e quella di Samir Aita).

Militarmente, la ribellione é spezzetttata in centinaia di gruppi armati tra  cui i più forti sono quelli jihadisti.

L’Esercito Siriano Libero (ESL) è una finzione mantenuta per dare l’impressione di una unità che non esiste sul terreno. Spesso, i gruppi che sostengono l’ESL vivono di vari gradi di corruzione, estorsione, sequestro di persona, traffici di tutti i tipi. A volte ci sono scontri tra le milizie per il controllo delle fonti di finanziamento. Nelle zone sotto il loro controllo, questi comportamenti causano malcontento tra le popolazioni e fanno aumentare l’influenza degli islamisti radicali.

Difficile trovare traccia di gruppi armati progressisti, il che non vuol dire che non ce ne siano.

I gruppi affiliati o vicini ad Al-Qaeda ricevono aiuti molto consistenti dall’estero. I jihadisti iracheni, quelli sauditi,  quelli libici, tunisini, ceceni, ecc., accorrono dappertutto per combattere gli “infedeli”, anche dall’Europa e dagli Stati Uniti. Esperti, disciplinati, ben armati grazie al sostegno delle petrolmonarchie, essi sono la punta di lancia nella lotta contro il regime. Nella aree da essi occupate, governano con una dittatura peggiore di quella di Assad. Oltre alle esecuzioni sommarie di sostenitori del regime, essi imprigionano centinaia di militanti  di altre tendenze della ribellione.

Al-Qaïda e l’ESL sono costretti a collaborare, ma si tratta di un’alleanza tattica. Si sono già combattuti a più riprese e la lotta per l’egemonia sulla resistenza armata non può che inasprirsi.

L’esercito della dittatura è indebolito dalle diserzioni e dalle perdite. Per cui c’è bisogno di diverse milizie, spesso reclutate su base etnica o religiosa, in particolare tra le minoranze alauita, cristiana, sciita, etc.. le quali temono una presa del potere da parte degli islamisti radicali, i  takfiri.

L’esercito di Bashar al Assad riceve anche aiuto internazionale dai combattenti di Hezbollah, dagli sciiti iracheni che hanno le loro milizie e dai consulenti iraniani. Anche i Palestinesi del FPLP-CG sono al loro fianco.

Un indebolimento o una caduta dello Stato centrale non significherebbe la fine della guerra. I gruppi che vi partecipano si prenderebbero la loro autonomia e proseguirebbero i combattimenti in proprio.

Rimescolamento in Occidente

Come dimostrato dal voto sfavorevole del parlamento britannico, la necessità di un intevento militare non trova consenso tra le classi dirigenti occidentali. La realtà sul terreno è che se esce un vincitore dal campo di battaglia siriano non potrà che essere un nemico degli USA e dei suoi alleati.

Liquidare o indebolire Assad, significa correre il rischio di una presa del potere da parte di  Al-Qaïda, alle porte di Israële, della Giordania e della Turchia. Una prospettiva inquietante per gli interessi occidentali. Per i quali, alla fine dei conti, una lunga guerra civile appare la soluzione migliore. I nemici dell’Occidente continuerebbero a massacrarsi tra loro per lungo tempo.

Se, infine, gli Stati Uniti ed i loro alleati decideranno per i bombardamenti sulla Siria, non sarà per mettere fine rapidamente alla guerra civile, al contrario. Lungi dal portare un aiuto alla popolazione civile, un attacco non farà altro che causare ulteriori distruzioni, altra miseria, altri morti e altri profughi.

Se l’attacco verrà lanciato prima che una seria inchiesta faccia luce sul cosiddetto attacco chimico, l’Occidente mostrerà ancora una volta quanto poco tiene a valori quali la verità e la giustizia tra gli altri, che invece pretende di voler difendere.

Hervé (AL Marsiglia) ed Edith Soboul (Segreteria Federale di AL)

1 settembre 2013
(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

Link esterno: http://www.alternativelibertaire.org

Questa voce è stata pubblicata in Blog, Iniziative. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento