Pietro Giuseppe Dossena (Ripetta)

* Cremona, 14/10/1872
† Cremona ?, 16/12/1945

Figlio di Germano e Boni Caterina, residente a Brescia, calzolaio. Di «carattere irascibile, scaltro, poco assiduo al lavoro. Fin da giovanetto professò sempre idee sovversive […] 2.a elementare […]. A quanto risulta fa parte della lega calzolai fino dalla sua fondazione, lavora da circa un anno unitamente all’anarchico Amilcare Foina […]. È militare di 3.a categoria. Non ha fin qui precedenti né pendenze penali». Così in una comunicazione dei primi anni del secolo che apre l’ampio fascicolo a lui dedicato. Per la verità, tale comunicazione è preceduta (in fascicolo) da una riservata della R. Prefettura di Cremona contenente il Cenno Biografico che, partendo dall’aggiornamento al 25/10/1904, giunge fino al 12/02/1945. Ripercorrendolo, vi si trova che molto presto «abbracciò le teorie anarchiche […] le sue relazioni sono limitate ad altri suoi compagni di fede di Cremona fra cui il Foina Amilcare – il Comaschi Carlo – il Gemmi Angelo – il Bonvicini Enrico – il Galimberti Giuseppe e il Bernori Arturo […]. Appartenne al gruppo Socialista anarchico che si era costituito in Cremona nel Dicembre 1902 […] alla lega di resistenza tra i lavoratori calzolai ascritta alla Camera del Lavoro di questa città [date le sue caratteristiche, ossia l’«ignoranza» e la «mediocre intelligenza» se ne esclude la collaborazione a testate sovversive nonché la capacità di propaganda o, ancor peggio, di tenere conferenza – ndr] […] discorre volentieri di tali teorie con i suoi compagni o con altri operai […]. Ospite alle conferenze che l’anarchico avvocato Pietro Gori tenne in Cremona il 10 e 13 Dicembre 1902, accompagnò l’anarchico Comaschi Carlo a Pieve D’Olmi (Cremona) il 1° Maggio 1903 assistendo ad una conferenza che costui ivi tenne […]. Da qualche tempo il Dossena si è recato a Brescia ove è stato rintracciato ed abita colà presso l’anarchico Foina Amilcare».
Queste poche righe rappresentano un po’ il prologo di un’intera esistenza sottoposta ad assiduo e costante attenzionamento. E, seppur privo di pendenze penali, «se ne impone» presto un regime di rigida vigilanza. Nella nota del 15/02/1903 (dei Carabinieri di Cremona) si afferma che vive in via Bella Chioppella n. 2 e nelle numerose e dettagliatissime note che coprono praticamente tutta la prima metà del 1904, se ne segnalano frequentazioni, visite fatte o ricevute, incontri ecc., e sempre con l’elenco dei compagni – più o meno coincidente con quello su riportato – fino alla nota delle Guardie di Città del 29/05/1904 in cui si annuncia che è «partito per Pontevico» (assolutamente, si vuole evitare di perderne le tracce e perciò si attivano anche Sottoprefetture come quella di Verolanuova); infine, un telegramma del 17/06/1904 ne comunica il ritorno in città (Cremona) «perché licenziato dal lavoro».
È nell’ottobre dello stesso anno che, sulla scorta delle sensazioni ricavate dall’osservazione dei movimenti del «poco mobiglio» di cui dispone e dell’aiuto, nell’occasione, prestatogli dal noto Foina, accompagnato dalla propria moglie, Cavaglieri Teresa (entrambi appositamente venuti da Brescia), che si può ragionevolmente presumere «abbia stabilito la sua dimora in Brescia».
Quindi, può dirsi, è a metà del primo decennio del secolo che entrano in gioco le Autorità bresciane (Questura e Prefettura in primis), le quali, fin dagli esordi professionali (inizio 1912), certo non sfigurano (accanto ai colleghi cremonesi) quanto ad assiduità e accuratezza nel controllo del compagno; e ciò anche se la nota ricorrente suona e suonerà, più o meno sempre, «non dà luogo a rimarchi». Dopo sette anni, precisamente il 28/07/1919, la R. Questura di Brescia ci dice che «È tuttora residente in Brescia – via Stati Uniti n° 12, dove conduce una piccola bottega da calzolaio. Conserva le sue idee sovversive ma non consta ne faccia propaganda –. Non prende parte a riunioni sovversive». E «pare disinteressarsi di politica» è un’altra nota che ricorre ossessivamente nelle numerose comunicazioni fino al 1927. Di quest’anno, comunque (o però), il 12 marzo, la nota dalla quale apprendiamo dalla R. Questura di Brescia (in oggetto il suo soprannome è storpiato in «Pipetta») che «In data 21 dicembre 1926 è stato diffidato ai sensi dell’art. 166 del T. U. delle leggi di P. S. perché designato dalla voce pubblica quale elemento pericoloso all’ordine Nazionale dello Stato». Ancora: «conduce vita ritirata e verso il Regime si dimostra indifferente», così nella comunicazione (solita provenienza) del 9 agosto 1928 (in oggetto sempre e solo, da quando soprattutto preso in carico dalle autorità bresciane, designato come «anarchico»).
Sono collocate a questo punto della documentazione due foto segnaletiche del compagno.
Il terzo elemento ricorsivo è costituito da: «non ha dato comunque prove evidenti di ravvedimento politico per cui è adeguatamente vigilato», come si legge nella nota della R. Questura di Brescia del 17/05/1930, e anche: «ma è da ritenersi elemento intimamente ostile al Regime» (stessa la fonte, del 13/11 successivo). Ed è da una nota del 26/04/1939 che si rende noto un suo trasloco in Via Zara 3, sempre a Brescia, naturalmente. «Ripetta», «Pipetta» e «Pisetta» si alternano, curiosamente, nelle comunicazioni, anche se il primo, l’originale, risulta essere il più accreditato e attendibile tra i soprannomi. I «nulla da segnalare» (al pari dei «viene costantemente vigilato») si succedono, con regolare cadenza trimestrale, fino all’aprile ’42 (è di questo mese la nota, stavolta di provenienza R. Prefettura di Brescia), allorché sappiamo di un altro cambio d’indirizzo, adesso via G. Rosa n. 40. Un telegramma dell’anno successivo (seguito da altri 6 o 7 di conferme e smentite varie…) ne annuncia la partenza per il Comune di Castelverde (Cremona) e il susseguente ricovero presso la “Pia Casa Castagnino”. Sono infatti i Carabinieri di Casalbuttano che nel dicembre ’43 comunicano sull’«anarchico schedato» alla Questura di Cremona, confermando che è ricoverato all’“Ospedale Castagnino”. «Serba buona condotta», ma, in assenza di «evidenti segnali di ravvedimento», neppure si ipotizza un suo provvedimento di radiazione, come attestato dalla “Guardia Nazionale Repubblicana” in data 08/02/1945.
Si chiede «se è ancora vivo» (l’«anarchico schedato») da parte della Questura di Brescia il giorno 26/02/1946. «Non si sa», la sostanza della risposta che il Questore di Cremona invia in data 5 aprile seguente (risposta nella quale si rammenta pure che, in tema di “pericolosità” del Dossena, non si è nelle condizioni di «fare cenno» – va ricordato che, nel momento della comunicazione, il compagno ha o avrebbe 74 anni – «perché appunto è assente da Cremona dal 1905»). Il 23 successivo, da Casalbuttano (fonte i Carabinieri locali) se ne comunica l’avvenuto trasferimento «dall’Ospedale di Castelverde […] a quello di Cremona». Della medesima provenienza, in data 15/07/1946, si chiarisce e si specifica che, dopo il precedentemente citato trasferimento, il Dossena «il 20.12.1945 morì». Ancora nell’agosto ’46 se ne richiede un documento ufficiale di decesso; questo arriva, con data 08/08/1946 (dal Comune di Cremona Ufficio dello Stato Civile-Certificato di Morte); in esso si legge che il compagno è deceduto il 16 (e non il 20) dicembre 1945.
Nessuna prova, o elemento, e neppure un semplice accenno, a una radiazione dal Casellario Politico Centrale. [vc, db]

Fonti:
ASCr, Quest.-Sovv., ad nomen.

Presente in:
ACS, CPC.