Luigi Boni

* Cremona, 14/07/1870
† Milano, 05/08/1938

Figlio di Domenico e Zanini Costanza. Residente a Milano, fabbro. Anarchico schedato dal 1898, ammonito il 14/06/1932 per manifestazione antifascista.
«Pessima è la fama […] carattere burbero e prepotente […] poco amante del lavoro [trasferitosi a Milano già nel 1888; ndr] […] disoccupato […] vivendo a carico della moglie […] ricamatrice […] in Milano si associò volentieri ad anarchici e pregiudicati e ne ha sempre frequentato la loro compagnia […] verso la famiglia […] noncurante della moglie e dei figli […] È il Boni anarchico individualista […] Fu arrestato l’11 giugno 1885 a Lodi per mancanza di mezzi e recapiti e rinviato in patria con foglio di via obbligatorio [la stessa cosa ebbe a verificarsi 2 anni dopo a Genova; ndr]». La Regia Questura di Milano segnala il 21/07/1891: «Tra gli anarchici che si agitano in questa città a scopi delittuosi si nota come uno dei più accentuati il Boni Luigi…».
Nel 1898 se ne perdono le tracce, viene ricercato e un suo nuovo arresto avviene in Milano, il 23 maggio dello stesso anno e così motivato: «deferito al Tribunale di guerra siccome imputato di aver preso parte a violenze […] in Viale Porta Romana e in Corso Venezia». Vengono specificate pure le due condanne a suo carico inflittegli «per truffa», nel ’94 e nel ’97.
Agli inizi del secolo, il ritorno a Cremona; l’attenzionamento nei suoi riguardi prosegue con regolarità. Nella nota del Prefetto del 15/12/1902 si afferma che «Egli ha qui aperto una piccola bottega di fabbro […]. Fa parte del gruppo socialista-anarchico».
Nel 1903 (in marzo) ritorna a Milano ma alla fine dello stesso mese è di nuovo a Cremona dove «si è recato ad abitare coi parenti suoi in Via Stenico, 3».
In una nota del Prefetto di Cremona del 06/04/1903 si dice di un suo nuovo trasferimento a Milano e del fatto che il Boni abbia espresso l’intenzione «di rimanere colà»; se ne fornisce il recapito (Viale Romana, 42) che però, poco più d’un anno dopo, in una nota del 14/05/1904, diventa Corso Lodi, 11. Dell’ottobre del 1904 un nuovo ritorno a Cremona; vive in Via Stenico, coi genitori; riprende l’attività di fabbro, come dipendente, ma, licenziato, ha aperto una propria bottega, come si dice in una nota del 20/11/1904.
Il mese successivo «Il Boni si è testé nuovamente recato a Milano a scopo di lavoro […]. Copia del presente cenno è stata trasmessa alla Questura di Milano che esercita pel Boni la dovuta vigilanza».
In una nota del 13/04/1910 si conferma che risiede in Viale Romana «e lavora da fabbro presso la fabbrica Bertarelli in Via Santa Barnaba, 28 senza dar luogo a rimarchi sulla condotta politica».
Sempre nel ’10, in ottobre, si trasferisce nel comune di Crescenzago («lavora presso l’officina Boni, in Via Orti, 11») e nel 1911 in quello di Tusco Milanese «ove ha pure bottega di fabbro ferraio».
Risale al 1914 il passaggio nel comune di Greco Milanese. Stessa attività. Continua il controllo e l’assenza di particolari motivi d’allarme per la di lui condotta personale e politica (nelle nota del 07/02/1915 si legge «Pur mantenendosi ligio alle teorie anarchiche, non dà luogo»…), ma ecco che, nell’agosto dello stesso anno, viene trovato in possesso di una «rivoltella di corta misura carica […] in istato d’arresto».
Fra il ’16 e il ’22 ricorrono note che, di primo acchito, suscitano sconcerto per la loro gravità (su tutte una in cui si parla di «mancato omicidio»), ma che, per più ragioni (per esempio la «mancanza di querela»), si ridimensionano e danno luogo a lievi condanne e pene “contenute” (periodi di detenzione di 16 giorni in un caso, di 22 in un altro ecc.). Quasi a chiarirne contesto ed “eziologia sociale”, in una nota del 05/12/1925 si trova: «È dedito al vino, ed, ubbriaco, spesso trascende»…
C’è il ritorno in città (Milano) e il cambio di dimora (ora, seconda metà degli anni ’20, in Via Aldo Sette, 18 – ma nelle note del ’30 e del ’31 il numero civico è invece 1 – e «pur conservando idee anarchiche non dà luogo a rilievi»…
Continua la sua attività di «fabbro per proprio conto», si legge nella nota del 20/11/1931, e non v’è nulla da segnalare, anche se «si esercita su di lui la debita vigilanza», compare un po’ in tutte le note, sino a quella del 17/06/1937, in cui si trova «ammonito per avere manifestato aperti sentimenti di ostilità al Regime» (si è nel frattempo trasferito in Via P. Colletta, 3) ma «Per atto di clemenza […] gli è stata condonata l’ammonizione» secondo la nota della Questura del 12/01/1938.
Dalla Questura di Milano, il 07/09/1938, si comunica che «Il 7 agosto u.s. venne ricoverato nell’Istituto inabili al lavoro sito in questa Piazza Giovanni della Bande Nere n° 3»; e dalla stessa fonte, il 24 seguente si comunica che «abita in Via Cecilio Stazio, n. 16 presso il figlio Lino».
Una comunicazione del Questore di Milano del 04/06/1937 (in merito all’episodio costatogli l’ammonizione poi condonata) contiene le parole testuali che Boni avrebbe pronunciato, incontrando in Piazzale Durante «un individuo da lui conosciuto solo di vista e che gli chiedeva come stesse; esasperato perché invalido al lavoro e perciò disoccupato e privo di appoggio, rispose: “oggi a Roma si divertono, mangiano e bevono alle spalle della povera gente, mentre noi siamo qui senza lavoro e senza pane” […] ha negato di avere pronunciato la parola “ladroni”»; le conseguenze, quelle sopra ricordate. È di pochi giorni appresso, il 16, che la Questura di Milano trasmette ai colleghi di Cremona due fotografie del Boni. [vc, db]

Fonti:
ASCr, Quest.-Sovv., ad nomen.
AA.VV., Antifascisti nel Casellario Politico Centrale, Quaderni dell’ANPPIA, 1992, vol. 4.

Presente in:
ASC, CPC.