Il governo Renzi raccoglie le scommesse sul 27 maggio, giorno della distribuzione dei pani e dei pesci.
L’annuncio di un miracolo da 10 mld di euro si colloca in un percorso di continuità di azione governativa: non c’è nessun intervento di spostamento e redistribuzione della ricchezza e questo tranquillizza tanto la BCE quanto gli imprenditori italiani ed i detentori di patrimoni milionari. I 10 mld sono il segnale di mobilità di risorse sul mercato interno che la UE attendeva da tempo.
Se quello che accadrà alla fine di maggio sarà quanto annunciato dal capo del governo, siamo di fronte ad una lucida operazione di dirigismo e di paternalismo che usa risorse accumulate con l’effimero calo dello spread, con la spending review, con i tagli lineari precedenti, col blocco ormai quinquennale dei contratti nel Pubblico Impiego. In gran parte soldi di lavoratori e lavoratrici, estorti dai governi che hanno gestito questi anni di ristrutturazione capitalistica.
Quanto verrebbe messo in più in busta-paga per i redditi fino a 25.000 euro troverebbe la sua fonte soprattutto nei tagli già operati con la spending review: vale a dire tagli ai servizi sociali, privatizzazioni, vendita del patrimonio pubblico, mobilità massiccia nel pubblico impiego con chiusura di uffici e servizi, tagli ai trasporti, all’assistenza, alla tutela dell’ambiente.
Nulla ritornerebbe a categorie come i pensionati, gli incapienti, i disoccupati, tutto il precariato. Anzi, se le aziende riceveranno solo uno sconto del 10% sull’IRAP, potranno altresì giovarsi di assumere manodopera allungando fino a 3 anni il periodo di prova (quindi evitando l’art.18 ed allungando fino a 36 mesi l’uso della a-causalità che consente di non dichiarare perchè si assume a tempo determinato anzichè a tempo indeterminato). Si inasprisce così l’uso di lavoro precario e flessibile, contemporaneamente al tramonto della CIG in deroga ed alla non efficacia della CIG ordinaria e speciale nel caso di cessazione dell’attività.
Quasi irrilevante l’allineamento a livelli europei delle imposte sulle transazioni finanziarie. Altrettanto dicasi per il piano-casa del ministro Lupi a fronte dell’emergenza alloggi in tutto il paese per l’insufficienza di reddito familiare a coprire spese per affitti, mutui e utenze.
L’iniezione di liquidità nei salari di 10 milioni di lavoratori dipendenti, intervenendo sulla sola leva fiscale, sembra sancire una situazione di fatto da un lato e dare un netto segnale per il futuro: non sarà più la contrattazione nazionale di categoria o decentrata nei luoghi di lavoro a produrre incrementi nelle buste-paga, quanto l’azione dirigista e paternalista del governo Renzi, che può ben più della lotta sindacale e della negoziazione. A questa è lasciata ormai la definizione del welfare d’azienda tramite gli enti bilaterali. Al governo l’occuparsi del cuneo fiscale e prendersi immeritati onori per una redistribuzione fittizia del maltolto.
Se è fondata la regola economica che in tempi di bassi salari, ogni risorsa aggiuntiva nel bilancio familiare viene re-immesso nel mercato in consumi anzichè in risparmio gestito, allora si tratta di un bella manovra d’ossigeno per il sostegno alla domanda aggregata, ma senza creazione di nuovi posti di lavoro, come del resto prevede l’ultimo rapporto ILO, pur con ripresa del PIL.
Nessuna strategia di uscita dunque, ma solo una manovra di galleggiamento in un panorama in cui nessuno, neo-keynesiani o post-monetaristi, ha la benchè minima idea di come far ripartire l’economia nei paesi avanzati, come imporre uno sviluppo con occupazione, come regolamentare o intervenire sul corso degli eventi, se e come introdurre degli elementi di svolta nel funzionamento del sistema
Ora è la volta del renzismo, passerà pure l’attivismo a sinistra per liste europee anti-UE, città e regioni avranno nuove amministrazioni magari di centro-sinistra, ma resta l’esigenza e l’urgenza di un movimento che sappia federare e mettere insieme in maniera non episodica tutta la capacità di lotta possibile. E dove se ne vede qualche traccia, i comunisti-anarchici ne sono protagonisti e sostenitori.
Perciò solo un conflitto sociale diffuso e reticolare, sistematico e costante, in grado di esprimere crescente radicalità dal basso, indirizzata verso la riappropriazione e l’autogestione di risorse comuni, patrimoniali e ambientali, culturali ed economiche, può proporsi come elemento esogeno di rottura democratica e libertaria di netto segno anticapitalista, nei territori e nel paese.
CdD FdCA Marzo 2014