Siamo al secondo anno scolastico di vigenza della Legge 107/2015 (detta anche Buona Scuola).
I dispositivi implementati dalla L.107 nelle singole istituzioni scolastiche, scardinando tutto il sistema di contrappesi e di controllo democratico precedenti, hanno consentito che il MIUR ed i terminali dirigenziali a livello locale e di scuole (i Dirigenti Scolastici) potessero dispiegare tutte le negative potenzialità della L.107 inoculandole nel corpo di una categoria che per tutto il 2015 aveva resistito strenuamente alla contro-riforma, per poi ritrovarsi, nell’isolamento di ogni singola scuola, priva di strumenti e di indicazioni per organizzare una pur minima resistenza, grazie alla ritirata strategica delle oo.ss. confederali.
Alcuni segnali preoccupanti di “resa incondizionata” si sono poi avuti col mancato raggiungimento delle 500.000 firme necessarie per portare a referendum popolare 4 commi della L.107, particolarmente odiosi.
Che ora sono assoluta normalità, legge vigente, in ogni scuola.
La solitudine della categoria, non supportata dalla mobilitazione di altre categorie; l’isolamento della categoria, chiusasi nel tentativo di minimizzare a livello dei singoli le conseguenze derivanti da una situazione di totale subordinazione ai dirigenti scolastici; il senso di sconfitta subentrato alla sfortunata campagna referendaria, tutto questo ha portato l’intera categoria ed il movimento di lotta che era in grado di produrre a livello sindacale, associativo, trasversale, alla normalizzazione dei comportamenti ed alla smobilitazione del conflitto.
Nè può consolarci il prendere per buono che il voto degli insegnanti al referendum istituzionale del 5 dicembre 2016 abbia pesato nella sconfitta di Renzi.
Fatto sta che Renzi non è più presidente del consiglio, ma la L.107 continua a produrre metastasi.
Il governo Gentiloni ha varato otto decreti applicativi di tale legge, ignorando persino quel “dialogo sociale” con i protagonisti dell’istruzione pubblica che raccomanda l’Unione Europea.
Vanificando i progetti di rinnovata concertazione che in certi ambienti sindacali confederali stanno ritrovando qualche speranza dopo gli accordi sui metalmeccanici e sul pubblico impiego.
Nei fatti, le otto deleghe aggravano il già disastroso panorama della L.107.
Per il futuro reclutamento dei docenti non si riconoscono le abilitazioni già conseguite né il servizio prestato e si apre un percorso a tappe di anni, sottopagato e precarizzato, prima di accedere al posto a tempo indeterminato.
Per i diversamente abili, si superano i limiti di legge (un disabile per ogni 20 alunni per classe) e si mira a ridurre il numero degli insegnanti di sostegno, introducendo corsi di “aggiornamento” improvvisati per tutti gli insegnanti, per delegare progressivamente l’attività di sostegno all’intero personale docente. Un vero e proprio attacco al diritto allo studio dei soggetti disabili.
La delega sull’Istruzione professionale punta ad una parificazione con la Formazione professionale extra-scuola, prevedendo indirizzi di studio minimalisti e meramente esecutivi.
Per gli alunni, si ribadisce la centralità dell’ “alternanza scuola-lavoro”, in una forma scoperta di apprendistato gratuito, con flessibilità fino al 40% del monte orario, con presenze pomeridiane vincolanti per docenti ed Ata, “contratti d’opera” offerti dalle imprese tramite loro “esperti”, la valutazione dello studente come “bilancio di competenze” in base ad una presunta “cultura del lavoro”.
In quanto poi al ‘sistema integrato 0-6 anni’, che dovrebbe unificare sotto l’egida degli Enti Locali, asili-nido, scuole materne comunali e scuole dell’Infanzia statali, il rischio è quello di abbassare notevolmente il livello della scuola dell’Infanzia pubblica (una delle migliori del mondo), visto che i “poli per l’infanzia” accoglierebbero in un unico plesso o in edifici vicini bambini/e fino a sei anni di età nel quadro di uno stesso percorso educativo: un’ulteriore, drammatica dequalificazione del lavoro.
In questa situazione, giunge un importante segnale di coraggio e di fiducia da parte dei sindacati di base della scuola, che si assumono la responsabilità di mobilitare la categoria in uno sciopero tanto rischioso quanto necessario.
Necessario per rilanciare dibattito e mobilitazione all’interno delle singole scuole; necessario per riprendere in piattaforma alcuni dei temi peggiori della L.107, riguardanti la mobilità degli insegnanti e l’assunzione diretta per tre anni da parte dei dirigente scolastico, i fondi per il merito dei docenti a discrezione del dirigente scolastico, l’alternanza scuola-lavoro.
Ma introducendo inoltre elementi perequativi sul piano delle assunzioni, delle sostituzioni del personale scolastico, opponendosi alla flessibilità occupazionale prevista all’interno delle reti di scuole, fino all’abolizione dei testi INVALSI ed al pieno riconoscimento dei diritti sindacali per ogni organizzazione sindacale.
Alternativa Libertaria appoggia lo sciopero del 17 marzo, quale momento decisivo nel tentativo di ricostruire un movimento di lotta nella scuola in una situazione di grave clima di normalizzazione; sostiene i tanti tentativi di mobilitazione unitaria tra studenti e lavoratori/trici della scuola previsti in diverse città italiane per il 17 marzo.
Alternativa Libertaria/fdca
17 marzo 2017