(Disegno realizzato da Stefano Alghisi durante il “Rebel Art !! Festival antifascista di musica e fumetti” c/o Csa Dordoni Cremona)
Cento anni fa, il 19 novembre del 1915 moriva per fucilazione Joe Hill.
Joe era di origine svedese. Emigrò negli Stati Uniti nel 1902. Nel 1906 faceva il portuale a San Pedro in California e qui aderì agli Industrial Workers of the World, universalmente noti ancora oggi come IWW.
L’IWW era un sindacato rivoluzionario simile ad altri sindacati suoi contemporanei nel mondo, come l’Unione Sindacale Italiana e la Confédération Generale du Travail in Francia, che organizzavano centinaia di migliaia di lavoratori.
Come sindacalista rivoluzionario, Joe Hill partecipò alla Rivoluzione Messicana del 1910 ed in Canada allo sciopero dei ferrovieri della linea Fraser River nel 1912 organizzato dall’IWW.
Joe Hill ha composto una dozzina di canti sindacali e di lotta -ancora oggi intonati in tutto il mondo- ispirati dalle lotte a cui ebbe modo di partecipare in tutti gli Stati Uniti.
Il 19 novembre del 1915 venne condannato a morte a Salt Lake City per l’uccisione di un ex-poliziotto. Pur protestando la sua innocenza, Joe Hill era considerato un “sovversivo anarchico” e questo era più che sufficiente per mandarlo a morte senza uno straccio di prova.
Joe Hill era dunque un wobbly, un militante dell’IWW.
Come dice Richard Brazier, un vecchio wobbly canadese morto forse nel 1973 ed editore della prima raccolta di canti dell’IWW: “noi wobblies eravamo instancabili e siccome eravamo in gran parte lavoratori immigrati, ci spostavamo in continuazione…Alla maggior parte di noi importava solo del presente, molto raramente si parlava delle nostre origini e del passato di ciascuno di noi.” Pare che lo stesso nome “wobbly” provenga da una storpiatura in cinese del nome del sindacato.
Poche le fonti storiche su Joe Hill, per cui quello che la storia ci ha tramandato ha oggi a che fare per lo più con la leggenda Joe Hill. Se è vero che i miti possono suscitare in noi una certa passione militante, è anche vero che è necessario salvare la figura di Joe Hill da quella tradizione che nel corso di un secolo lo ha trasceso come superman, come santo, come salvatore, come super-eroe del proletariato.
Queste caricature di Joe Hill come supremo organizzatore sindacale ne fanno una sorta di pastore delle masse, ruolo profondamente opposto ed estraneo alla prassi sindacale antiautoritaria dell’IWW, compresa quella dello stesso Joe Hill. L’agiografia sorta intorno a Joe Hill è stata piuttosto il tentativo della tradizione culturale stalinista di inserire Joe Hill nel suo pantheon.
La vita di Joe Hill non è separabile da quella del suo sindacato. E se dopo la rivoluzione bolscevica, l’IWW venne criticata di stalinismo, la storiografia moderna ha restituito all’IWW la sua caratteristica peculiare di aver cercato di costruire una contro-cultura egemone della classe lavoratrice.
Il percorso di vita di Joe Hill sta tutto dentro la cultura e l’impegno militante che fecero dell’IWW un’esperienza profondamente inserita nella tradizione radicale del paese e nella classe lavoratrice plasmatasi nel crogiuolo dell’immigrazione, in cui gli ideali democratici si intrecciavano con i socialismi europei, respingendo il dogmatismo che all’epoca prevaleva nella sinistra statunitense.
Nati in un’epoca di espansione capitalistica e di acuto scontro di classe nelle polverose città industriali in cui la sola mediazione di uno stato sociale era considerata un sogno perfannulloni, i Wobblies hanno sostenuto l’auto-organizzazione e l’azione diretta dei lavoratoricontro lo sfruttamento del lavoro, per conquistarsi i mezzi per poter vivere dignitosamente.
Nei Wobblies non c’era divisione tra intellettuali ed attivisti: la teoria e l’esperienza si intrecciavano nello studio e nella lotta contro lo sfruttamento insito nel lavoro.
Tutti conoscono oggi l’IWW come un movimento sindacale rivoluzionario. Ma era molto di più: era un movimento sociale di classe, con le sue camere del lavoro in cui si poteva imparare e si poteva vivere come la cultura e la società possano essere trasformate una volta che il capitalismo venga abbattuto.
Una cultura che lasciava semi di organizzazione ovunque, nonostante i veloci ricambi di forza-lavoro, che spargeva politica alternativa in modo veloce come una sorta di virus.
L’IWW fece ampio uso delle tecniche sociali della classe lavoratrice dell’epoca e -più che tramite la propaganda ufficiale- la sua filosofia di lotta di classe viaggiava lungo le linee ferroviarie migratorie che portavano i suoi militanti e centinaia di lavoratori nei circuiti del capitale: dai raccolti agricoli alle banchine dei porti, dalle officine ai servizi nelle città.
La pubblicistica dell’IWW ed i canti proletari di Joe Hill sono la voce della collera e dell’alienazione dei lavoratori, delle speranze anche romantiche che davano forza alle loro lotte ed alla critica della vita materiale che si conduceva. La propaganda silenziosa degli inizi, fatta di posters e di volantini, divenne poi fiume di oralità e di comizi fatti davanti alle fabbriche come nei campi, nei parchi come davanti ad ogni posto in cui ci fosse un picchetto di sciopero.
I Wobblies rifiutavano di pensarsi al di fuori della loro classe di appartenenza.
Una classe che, nella loro pubblicistica e nei canti, non era espressa in termini astratti e teorici, ma sempre tramite i suoi diversi aspetti e comportamenti tanto da creare una identificazione, una presa di coscienza ed ad un’adesione al progetto di liberazione portato avanti dall’IWW.
“Se i lavoratori prendono coscienza, in ogni miniera ed in ogni officina, al loro comando inizia la resistenza” – diceva una loro canzone.
Questa cultura utopistica così radicale ha fatto da incubatrice ed ha plasmato la linea antiautoritaria, orizzontale ed antigerarchica dell’IWW nella classe lavoratrice.
Ha alimentato un movimento che potrebbe oggi trovarsi ben a suo agio nella situazione dei lavoratori del XXI secolo, laddove il vecchio sindacalismo categoriale non ha più niente da dire. Al punto di permettere anche oggi di esprimere quei sogni che vanno oltre la costrizione del lavoro e costruire organizzazioni rispondenti alle forme strutturali del lavoro così come le configura l’attuale attacco capitalista.
Joe Hill e l’IWW hanno espresso forme di organizzazione e di lotta di cui oggi sentiamo la mancanza, avevano messo a punto un modello di resistenza che avebbe molto da proporre e da opporre ad una contemporaneità fatta di servizi all’industria e di lavoro esternalizzato.
Nella sua breve vita, Joe Hill ha composto e cantato tutto questo.
Forse questo è il miglior omaggio da fare a Joe Hill, per evitare di cadere nella lacrimevole e nostalgica commemorazione della storia e per non limitarsi a sprecare fotocopie di odi dedicate a movimenti che non ci sono più.
Come diceva uno dei più famosi poster dell’IWW: “What time is it? It’s time to organize!”
Alternativa Libertaria/fdca
19 novembre 2015